Analisi statistica della disponibilità di un satellite

Relazione presentata al Colloquium AMSAT-UK nel 2012

 

Questo studio ebbe genesi nel 2009, quando l'Università di Tor Vergata, nel quadro delle attività di Masterspazio (Master in sistemi avanzati di comunicazione e navigazione satellitare) mi chiamò a presentare un poco di quanto i radioamatori avevano sviluppato in questi 50 anni nelle telecomunicazioni via satellite.

Durante la mia breve presentazione, raccontai dei satelliti d'amatore, della loro evoluzione e della “propagazione” terra-spazio. Proprio questo ultimo argomento, mi creò non pochi dubbi, in quanto, al di là di logiche considerazioni, frutto di studi generali ed un poco di esperienza, non potevo sostenere con dati reali e documentati le mie affermazioni.

Chiuso quell'episodio, mi rimase la curiosità di verificare cosa a livello amatoriale fosse studiabile e con quale metodo. La materia è professionalmente studiata da chi fa un uso commerciale dello spazio, ma i relativi dati non sono disponibili al pubblico: contattai infatti alcuni consorzi che gestivano comunicazioni via satellite, ma senza successo alcuno.

Non vinto, decisi di provare “ a far da sè”.

Illustrazione 1: Idea di base di monitoraggio del segnale dallo spazio

Lo studio della variabilità di una tratta radio è in linea di principio abbastanza semplice e da anni praticata anche dai radioamatori, basti pensare ad esempio al progetto WSPR. Ciò che accumuna tutti gli studi è la presenza di uno o più trasmettitori noti (beacon) ed uno o più ricevitori che registrano i dati. In teoria, tutto molto semplice, ma come replicare questa struttura verso lo spazio?

Per cercare “la cosa giusta”, prima di tutto vediamo quali requisiti deve offrire:

  • posizione “stabile” nel cielo, così da non doverlo inseguire e averlo disponibile 100% del tempo

  • Impiego di una frequenza prossima ad una banda amatoriale assegnata anche al traffico d'amatore via satellite, in modo da poter facilmente proiettare i risultati nel nostro campo

  • Frequenza nota e stabile

  • Capace di produrre in condizioni standard un buon S/N con un sistema antenna più ricevitore di tipo amatoriale (compatto, economico, facile da reperire)

  • Potenza d'uscita (ERP) nota e stabile

  • Noto e stabile footprint

  • Nota e stabile polarizzazione

Gli ultimi tre punti sono volti a garantire che le variazioni del segnale ricevuto siano dovute solo alla tratta.

La soluzione è apparentemente a portata di mano, infatti tutti o quasi i satelliti televisivi hanno a bordo uno o più beacon: perché non provarci dunque?

Il primo pensiero è ovviamente rivolto alla costellazione Hotbird, molto popolare e capace di portare a terra segnali molto corposi. Purtroppo, nonostante lunghe ricerche e domande ​​ vane all'ente gestore non sono riuscito ad avere disponibilità di informazioni relativamente ai punti due e quattro, così come un periodo di osservazione dei segnali mi convinceva che gli stessi non erano stabili e gestiti con logiche non prevedibili.

“Il gol però era nell'aria” e dopo ulteriori studi e ricerche, la soluzione venne dalla costellazione nota come Hyspasat, gruppo di satelliti volti a servire contemporaneamente i paesi europei e dell'America latina di lingua ispanica e portoghese. In questo caso, il gestore mette a disposizione sul proprio sito tutte le specifiche tecniche dei satelliti, ovviando in tal modo ai dubbi emersi nel primo tentativo. Per poter servire aree così lontane, la costellazione è posizionata nel bel mezzo dell'oceano Atlantico e questo è un vantaggio importante. Questi satelliti hanno infatti una bassa elevazione (circa 22° nel mio QTH) e questo aumenta il percorso del segnale da spazio a terra a vantaggio della sensibilità dello studio.

Trovato il beacon, il passo successivo è stato identificare quali variabili fisiche con potenziale impatto sui segnali fosse possibile monitorare con mezzi amatoriali. Le quattro identificate sono:

  • Pressione atmosferica (hPa)

  • Temperatura aria (°C)

  • Umidità relativa (assoluta) (RH%)

  • Pioggia (idrometeore) (mm/h)

Il sistema era quindi pronto per partire e strutturato come illustrato sotto:

Illustrazione 2: Schema a blocchi della stazione a terra

Per misurare le precipitazioni ho impiegato un sensore pluviometrico a bascula, molto tradizionale, abbinato ad un Arduino cosi come descritto nel mio articolo di maggio 2012. Pressione, temperatura ed umidità sono lette da due comuni ed economici sensori elettronici ed il tutto è inviato su linea seriale ad un vecchio PC. Per la ricezione ho impiegato quanto già sviluppato per lo studio dei beacon di Hotbird, anche questo pubblicato a maggio 2011.

Una fase molto interessante del progetto è stata lo sviluppo del codice di controllo.

Per i primi esperimenti, ho impiegato un vecchio i386/16 col DOS e programma in C++. Consolidate le routines, il tutto è stato portato su un P3/700 con Linux e codice sviluppato in PHP dall'amico Piero, IZ1ERR. Vediamone ora i blocchi funzionali:

Illustrazione 3: Funzioni svolte dal programma di controllo e loro sequenza

All'avvio il codice inizializza la scheda di acquisizione, le variabili interne e il ricevitore, un vecchio PCR100. Questo fatto, entra in un loop infinito temporizzato (1 loop al minuto) di cui il primo blocco è la ricerca della frequenza esatta del beacon. Infatti, mentre il satellite trasmette a frequenza molto stabile, la ricezione è soggetta a pesanti variazioni dovute all'oscillatore locale dell'LNB che è realizzato con semplice DRO. Trovata la frequenza corrente, vengono lette in sequenza la potenza del segnale e le variabili fisiche raccolte dai quattro sensori. I dati, filtrati e messi in scala vengono pubblicati su una pagina web per poter essere controllati in tempo reale anche da remoto e salvati su un file server per le successive eleborazioni. Fatto questo, il ciclo si conclude ed il loop si mette in attesa dell'inizio del prossimo minuto per ricominciare. Per chi volesse approfondire, il codice è liberamente scaricabile dal sito della rivista con licenza GNU GPLv3.

Questo modo di procedere genera un file testuale tipo:

 

"Data" "Time" "dBm" "dBm_ave" "i" "kHz" "MT”" "hPa" "°C" "RH%" "Rain"

04/01/2012 14:10:50 -72,26 -72,28 19 1100712 75671 1013,22 6,49 78,76 0,08

04/01/2012 14:11:50 -72,26 -72,28 20 1100712 75731 1013,48 6,47 78,77 0,13

04/01/2012 14:12:50 -72,26 -72,28 20 1100712 75791 1013,62 6,49 78,65 0,11

 

che conta ben 525600 righe per ogni anno di registrazione.

Come analizzare una tal mole di dati? I consueti fogli elettronici non sono adeguati anche se fatti girare su hardware prestanti. Una ottima soluzione è rappresentata invece dal programma QtiPlot (gratuito sotto Linux), che li importa in un attimo e ne permette una velocissima analisi statistica in pochi colpi di mouse.

Vediamo quindi un riassunto statistico di un anno di acquisizione:

 

 

 

Min

Media

Max

Max-Min

Rx dBm

-92,1

-73,14

-70,2

21,9!

QRG kHz (+10,6GHz)

1099773

1100467

1100920

1147

Pressione atm. hPa

982

1013,9

1036

54

Temperatura aria °C

-14,3

15,7

47,4

61,7

Umidità relativa RH%

23,9

61,4

84,5

60,6

Precipitazioni mm/h

0

0,29

101

n.a.

 

Dalla tabella salta subito all'attenzione come il segnale ricevuto sia variato di quasi 22dB nel corso del periodo d'osservazione, una cifra veramente importante!

Nota la variabilità delle grandezze, occorre ora trovare se vi siano legami fra le stesse e di che ampiezza.

Uno strumento conveniente per porre in luce legami di tipo lineare fra variabili è il fattore di correlazione (), matematicamente definito come:

 

1ρxy=σxyσxσy=i=1n(xiμx)(yiμy)i=1n(xiμx)2i=1n(yiμy)21-1 leslant %rho rsub xy = {%sigma rsub xy} over {%sigma rsub x %sigma rsub y} = {sum from{i=1} to{n} (x rsub i - %mu rsub x)(y rsub i- %mu rsub y) } over {sqrt{sum from{i=1} to{n} (x rsub i- %mu rsub x)^2 } sqrt{sum from{i=1} to{n} (y rsub i- %mu rsub y)^2} } leslant 1

 

Non si lasci impressionare il lettore dall'aspetto complesso della formula: il senso fisico che esprime è enormemente più semplice e diretto. Vediamolo con alcune considerazioni.

In statistica con correlazione si intende la presenza di una relazione tra due variabili tale per cui a ciascun valore della prima corrisponda con una “certa regolarità” un valore della seconda.

Non si tratta necessariamente di un rigido rapporto di causa-effetto, ma semplicemente della tendenza di una variabile ad influenzarne un'altra, ad esempio l'altezza dei figli rispetto a quella dei genitori. Se analizzassimo una popolazione, vedremmo come figli alti avrebbero molto probabilmente padri e madri di elevata statura (e viceversa), senza che questo sia rigidamente definito e vincolato.

Un altro esempio è lo studio del prezzo di un bene o servizio rispetto al volume di vendita. E' noto a tutti come le due cose siano “abbastanza” indirettamente legate (cresce l'una, scende l'altra), ma non in maniera rigida.

Terzo ed ultimo esempio, può essere lo studio del legame fra le pagine di un numero di questa rivista ed i giorni passati al mare da parte dei suoi lettori. A prima vista potrebbero apparire fatti assolutamente indipendenti, ma se consideriamo che il numero doppio (quindi con più pagine) è quello dei mesi di luglio-agosto, mesi di vacanze, è verosimile che un blando legame vi sia.

Come anticipato, la correlazione si misura mediante indici (in questo caso quello di Karl Pearson ) ed esprime la “forza” o “l'intensità”, del legame.

Questo parametro può assumere valori compresi tra - 1 e + 1 e vale la pena notare come due variabili indipendenti abbiano sicuramente un indice di correlazione pari a 0, ma al contrario un valore pari a 0 non implica necessariamente che le due variabili siano indipendenti.

Vediamo alcune linee guida per interpretare i risultati:

Se:

ρxy>0%rho rsub xy>0 le variabili si dicono direttamente correlate, oppure correlate positivamente

ρxy=0%rho rsub xy=0 le variabili si dicono incorrelate o non correlate

ρxy<0%rho rsub xy<0 le variabili si dicono inversamente correlate, oppure correlate negativamente.

Per la correlazione diretta (e specularmente per quella negativa) inoltre:

0<ρxy<0,30<%rho rsub xy<0,3indica una correlazione debole

0,3<ρxy<0,70,3<%rho rsub xy<0,7indica una correlazione moderata

ρxy>0,7%rho rsub xy >0,7indica una correlazione forte.

 

Applichiamo ora questo indicatore alle nostre quattro grandezze monitorate in rapporto al segnale ricevuto.

Segnale - Pressione Atmosferica: 0,33, nessuna o molto piccola correlazione, dato sostanzialmente “atteso”

 

Segnale Vs Temperatura: -0,71, chiara correlazione, dovuta al drift del guadagno del LNB K=-0,11dB/°C, in accordo con quanto misurato poi in camera climatica

 

Segnale Vs Uminidà Relativa: 0,43 bassa correlazione, probabilmente mascherata dalle instabilità della catena di misura, oppure legame di tipo non lineare fra le variabili

Segnale Vs PIOGGIA: -0,18 apparentemente nessun legame.. ma ne siamo sicuri?

 

Proprio il fatto che la pioggia o le precipitazioni in genere non appaiano correlate all'attenuazione del segnale in arrivo è uno dei risultati più sorprendenti e meritevoli di approfondimento.

Osservando nel dettaglio gli andamenti dei segnali durante i vari fenomeni piovosi o temporaleschi si può osservare come il picco di precipitazioni e quello di attenuazione quasi mai coincidano temporalmente. Vediamo un esempio:

Illustrazione 4: Ritardo temporale fra precipitazioni ed attenuazione del segnale

Lo studio dei sensori impiegati e l'osservazione del mondo circostante ci inducono due importanti riflessioni. A differenza degli altri misuratori (temperatura, umidità, etc.) che restituiscono il valore corrente della grandezza, quello pluviometrico lo fa con un certo ritardo e in parole semplici ci dice non quello che sta accadendo, ma quello che è già (passato) accaduto. Questo è dovuto al suo principio di funzionamento: un collettore di liquido basculante. Fintanto che non è pieno un lato, in modo da provocare un travaso e conseguente impulso in uscita, non possiamo sapere cosa stia succedendo. Con tassi di precipitazione bassi o rapidamente variabili, questo provoca una lettura più o meno ritardata. Non tutto però. Consideriamo ora il fatto che le precipitazioni più intense sono quelle temporalesche e per questo a carattere prevalentemente locale ed in rapido movimento. Proviamo di seguito a schematizzare la situazione.

Illustrazione 5: Tipica situazione di tratta in presenza di temporale

E' evidente come in questi casi, il punto di misura della pioggia sia fisicamente (e quindi temporalmente) spostato rispetto al fenomeno che perturba il nostro segnale radio.

Questo chiarito, vediamo ora da un punto di visto statistico l'andamento della potenza del segnale ricevuto, in comparazione alla situazione migliore registrata:

Livello relativo

% Tempo

Minuti/anno

Tempo cumulativo in un anno con segnale inferiore a (minuti/anno)

0..-3dB

8,7

45500

525610

-3..-6dB

91

478139

480100

-6..-9dB

0,35

1820

1961

-9..-12dB

0,01

54

141

-12..-15dB

0,0077

41

87

-15..-18dB

0,0041

22

46

-18..-21dB

0,00077

5

24

-21..-24dB

0,0036

19

19

La prima colonna classifica il segnale ricevuto in fasce ampie 3dB, riferite al best case. A fianco è la percentuale di tempo nel periodo di osservazione in cui il livello ricevuto si è mantenuto all'interno dell'intervallo considerato. La stessa informazione è poi indicata in minuti. La colonna a destra indica invece quanti minuti in un anno il segnale è inferiore alla soglia indicata. Facciamo un paio di esempi pratici.

Ipotizziamo di avere un sistema ricevente con un margine di 12dB. In questo caso, possiamo prevedere che perderemo il segnale per circa due ore e venti minuti (141 minuti) ogni anno.

Pensiamo ora invece di dover progettare un sistema ricevente (in particolare sarà l'antenna messa in discussione) che ci garantisca che per non più di venti minuti all'anno il segnale sia sotto la soglia di usabilità. Dalla statistica troviamo come il nostro sistema ricevente dovrà avere almeno 22-24dB di margine.

La cifra può sembrare eccessiva, ma è reale. Non a caso, chi opera commercialmente via satellite impiega antenne e stazioni di grandezza e con margini che al radioamatore o all'utente commerciale appaiono immotivate e veramente “enormi”.

 

Tutte queste valutazioni vanno sotto il nome di “satellite availability”.

 

Lo studio fin qui illustrato ha portato risultati per una determinata posizione del satellite rispetto all'osservatore. Ma che succederebbe se il segnale arrivasse a noi con elevazione (e quindi transito in atmosfera) differente?

Il solo, o meglio il principale fenomeno che incide sull'entità del segnale in banda X è la pioggia o le precipitazioni in genere. Uno studio serio e completo è sicuramente complicato, ma se possiamo considerare verificate le seguenti ipotesi:

  • pioggia generata a circa 6000m di quota (tipico dei temporali sulla pianura)

  • tasso di precipitazione e dimensione delle gocce circa costante da cielo a terra

allora, con un poco di calcoli trigonometrici possiamo stimare la satellite availability a varie elevazioni come segue:

Extra-Margine dB VS perdita di segnale (minuti/Year) ed elevazione

 

0-3

3-6

6-9

9-12

12-15

15-18

18-21

21-24

5

 

 

22656

2733

406

102

58

30

15

 

7329

1052

178

75

43

22

20

25

14557

1943

296

89

53

26

21

0

35

5154

750

141

69

38

21

18

0

45

2918

433

104

59

30

21

11

0

55

1930

294

89

52

26

21

0

0

65

1440

228

81

48

24

21

0

0

75

1205

198

77

45

23

21

0

0

85

1104

185

76

43

23

20

0

0

 

L'interpretazione della tabella è semplice e richiama quanto già visto nel caso precedente. La prima riga indica le classi di attenuazione rispetto al caso migliore, la prima colonna l'elevazione del satellite. All'intersezione di una riga con una colonna, troviamo il numero di minuti per anno in cui il segnale sarà attenuato più della classe della propria colonna.

Illustrazione 6: Elevazione satellite geostazionario sullo stesso meridiano, in funzione della latitudine della stazione a terra

La tabella presenta una previsione di availability per elevazioni comprese fra 5 e 85°: può valere la pena spendere alcune parole su questo aspetto.

Se consideriamo di lavorare con satelliti geostazionari, gli stessi saranno orbitanti nella fascia di Clark, quindi giacenti sul piano equatoriale. La loro elevazione nel nostro paese nel caso fossero allineati al meridiano della stazione, sarebbe variabile fra 48,8° (punta Pesce Spada) e 35,9° (Testa Gemella Occidentale). Diciamo circa 38° per le stazioni allineate lungo il corso del Po, tanto per dare un riferimento. Elevazioni superiori sono possibili quindi solo con satelliti non geostazionari e per questo non continuamente acquisibili. Per dare senso ai dati precedenti occorrerà quindi esprimerli in percentuale del tempo d'acquisizione e non più di tempo assoluto.

Conclusioni e possibili sviluppi

Il lavoro sviluppato ha dimostrato la fattibilità amatoriale di una valutazione statistica del segnale proveniente da un satellite e messo in luce alcuni dei fattori che lo variano.

Spunti di miglioramento, sviluppo ed approfondimento potrebbero essere:

  • Migliorare la precisione e sensibilità del sistema in modo da mettere in luce eventuali altre dipendenze ora mascherate dall'incertezza del sistema

  • Studiare cosa realmente accade alla portante durante la pioggia: il livello medio cambia, ma cosa accade agli altri parametri?

  • Verificare l'esistenza di legami non lineari fra le variabili considerate

  • Ridurre il consumo della ground station (ora >300kWh/anno ora!)

  • Semplificare la ground station (ad esempio fare tutto il sistema di controllo con una board Arduino)

  • basare la parte ricevente su una SDR

 

Bibliografia

www.wikipedia.it

www.hispasat.com

www.eutelsat.com

amsat-uk.org

 

By iw4blg

Pierluigi Poggi since his childhood has been attracted from technical stuffs and gears, being a very curious guy. He built his first Xtal radio when he was just 9. Today, we would call him “maker”. When he turned to 21 became radio amateur, with call sign iw4blg. Since then, he developed many radio gears and felt in love with space communication, becoming an EMErs and a satellite enthusiast. His great passion led him to experiment a lot on the higher bands, up to pioneering several THz (lightwaves) QSOs on the early ’90. Beside to this passion to the radio communication and modern technologies, he like to study, experiment, understand-why, then, write and share, or better, spread the knowledge. This fact led him to became a well renowned contributor of electronics magazines with more than 95 articles published and author of 14 science books.

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