Dividere la potenza, senza
moltiplicare i disturbi
L’idea per questo articolo me la suggerì involontariamente il caro amico, Luciano Mores. A quel tempo si occupava di sistemi di controllo per armadi riscaldati. In quegli apparecchi, per ridurre i costi, si impiega un comune termostato elettronico che accende e spegne le resistenze di riscaldamento. Il sistema dovrebbe essere veloce, preciso ed affidabile. Purtroppo, questo approccio, semplice ed economico, mostra seri limiti in quanto a precisione, velocità di risposta e durata dell’elettronica. Se vogliamo il sistema andare in temperatura velocemente useremo resistenze di alta potenza, ma una volta arrivati all’obiettivo, la loro potenza sarà eccessiva per garantire un controllo stabile e preciso ed il controllore sarà chiamato molto spesso ad accenderle e spegnerle nel tentativo di stabilizzare la temperatura il tutto a detrimento dell’affidabilità del sistema, specie se l’organo di comando è un relè o teleruttore. D’altro canto, se si dimensionano le resistenze in modo ridotto per soddisfare una buona regolazione, il sistema risulterà lento ad andare in temperatura e a rispondere ad eventuali perturbazioni. Queste considerazioni sono alla base dei controlli detti proporzionali, nati proprio per superare i limiti di quelli più semplici ma limitati prima descritti, noti anche come on/off.
Non sempre però i limiti di complessità e di budget del progetto permettono di applicare un controllo di tipo proporzionale, mentre rimangono in essere i bisogni di velocità e precisione. Ecco dunque, una “terza via”, che con un ridotto aggravio di costi e complessità rispetto al sistema “base” può in molti casi risultare il compromesso vincente.
A puro titolo d’esempio non limitativo, proviamo ad immaginare un sistema di controllo di temperatura di un contenitore, quale potrebbe essere un forno, una cella di lievitazione, un’incubatrice.
Supponiamo che per garantire una rapida messa in efficienza (riscaldamento da freddo) e risposta ad eventuali disturbi (ad esempio l’apertura della porta) si valuti in 1500W la potenza necessaria, mentre le perdite del sistema una volta regimato (l’energia che il sistema perde verso l’esterno) siano di circa 100W con 40°C di salto termico verso l’ambiente. Applichiamo al sistema un termostato “normale”, con un paio di gradi di isteresi, funzionante cioè come segue:
In maniera semplificata il sistema ed il suo comportamento può essere modellato e simulato come segue:
Modello e simulazione del sistema controllato con semplice On/Off
Il risultato è scadente. Una volta raggiunto l’obiettivo di temperatura il sistema “non trova pace”, oscillando di quasi 10°C. La potenza erogata al sistema è molto impulsiva: è evidente che a regime, 1500W sono veramente troppi per una buona regolazione.
Ipotizziamo ora di poter diminuire la potenza riscaldante ad un livello prefissato una volta che il sistema si trovi nell’intorno dell’obiettivo di temperatura. Prendiamo lo stesso sistema, questa volta con un regolatore a due uscite (quindi poco più complesso del caso precedente), che funzioni come segue:
Il modello ed il risultato diventa:
Modello e simulazione del sistema controllato con riduzione delle potenza
Decisamente meglio!
Il sistema va a regime rapido come prima, ma poi, le oscillazioni sono molto contenute per merito della ridotta potenza che si impiega per compensare le perdite del sistema.
Vediamo ora alcune soluzioni per ridurre la potenza dei riscaldatori:
Commutare le resistenze
Principio di funzionamento: nel sistema ci sono due resistenze di diversa potenza che vengono accese alternativamente dal termostato secondo convenienza.
Vantaggi: buone prestazioni se la potenza minima è adeguata al sistema
Svantaggi: occorrono più resistenze, sistema poco flessibile
Variare la tensione di alimentazione con un autotrasformatore
Principio di funzionamento: la potenza riscaldante viene ridotta dal termostato alimentando a tensione inferiore la resistenza Vr. Il rapporto fra potenza ridotta rispetto alla nominale vale:
Vantaggi:buone prestazioni se la potenza minima è adeguata al sistema
Svantaggi: peso, ingombro, costi, ridotta flessibilità.
Diodo in serie
Principio di funzionamento: la potenza della resistenza viene dimezzata ponendo ad essa in serie un diodo che taglia una semi onda.
Vantaggi: estrema semplicità, costo ed ingombro minino
Svantaggi: possibile solo il dimezzamento della potenza, elevata distorsione della corrente e generazione di disturbi
Il problema della distorsione della corrente e conseguente generazione di disturbi non è certo trascurabile.
Come visibile in simulazione, il taglio di una semi-onda produce armoniche di ordine pari (2°, 4°, etc) di ampiezza elevata. Per garantire la compatibilità elettromagnetica fra apparati destinati a funzionare nello stesso ambiente, le norme cogenti stabiliscono limiti severi su questo aspetto, relegando l’impiego di questa soluzione a casi particolari, spesso di piccola potenza (pochi Watt).
Parzializzazione dell’onda
Principio di funzionamento: la potenza viene ridotta limitando l’intervallo di conduzione del triac. Più “tardi” rispetto al passaggio per lo zero viene attivato, minore è l’energia disponibile per la resistenza.
Vantaggi: relativamente semplice, largamente impiegato nei variatori di luminosità, flessibile.
Svantaggi: elevata distorsione della corrente e generazione di disturbi radioelettrici.
Il problema dei disturbi generati è qui particolarmente serio, ben oltre quanto visto nel caso del diodo. Le armoniche sono questa volta sia pari sia dispari e di rilevante valore anche a frequenze elevate. Per rispondere ai dettati di norma è obbligatorio impiegare soluzioni di filtraggio che aumentano costi, ingombro e complessità del sistema.
Esiste però anche un altro metodo e di questo ci occuperemo nel prosieguo dell’articolo.
Supponiamo di poter accendere le resistenze per qualche ciclo di rete e poi spegnerle per un altro numero di cicli, definibile a piacere. Un po’ come se infilassimo e sfilassimo di continuo la spina dalla presa, seguendo il “ritmo” dei 50Hz. La potenza media al carico in questo caso, si ridurrebbe in proporzione di quanto tempo lo tenessimo spento rispetto a quanto tempo passerebbe acceso. In alternativa al sistema presa-spina, si può pensare di impiegare un più comodo interruttore, come nell’esempio grafico seguente:
Nell’esempio della lampadina ad incandescenza, se non fossimo abbastanza veloci ad azionare l’interruttore, noteremmo un fluttuare della luminosità, via via smorzato con l’aumentare della frequenza di commutazione. In questi sistemi di riscaldamento, il tempo di reazione è così lungo (vari secondi) che il tempo di un ciclo di rete (20msec) è completamente trascurabile e quindi l’alternarsi di on e off risulta impercettibile.
I vantaggi di questa tecnica sono il ridotto costo ed ingombro, la minima generazione di armoniche e disturbi ed una buona flessibilità d’impiego.
Il circuito che ora vedremo, è una delle possibili soluzioni circuitali, certo non l’unica, sicuramente una delle più semplici e didattiche.
Vediamo ora le varie sezioni che costituiscono il circuito:
R4, D1, Z2 e C3, riducendo la tensione di rete, formano un piccolo alimentatore stabilizzato a 15V, per il circuito integrato U2.
R2 e Z1, riducono l’onda di rete ad un segnale rettangolare di ampiezza limitata, usata come clock per il sistema.
Il cuore del circuito è U2, un comune 4017 “decade counter” in tecnologia CMOS. Ad ogni “colpo di clock”, lo stato attivo si sposta sull’uscita successiva, come esemplificato nel grafico qui a fianco.
Il gruppo di diodi D2..D6 assieme ai relativi ponticelli/interruttori SW-SPST2..SW-SPST4 realizzano un OR cablato con cui scegliere il tempo di on (in numero di cicli di rete) a passi del 10%.
U1 è l’elemento di comando del carico, un triac, capace di pilotare la resistenza e con una corrente di gate compatibile col 4017.
C1, R1 formano una rete detta “snubber” che ha i compiti di limitare il dV/dT a cavallo del Triac e di filtrare localmente i disturbi generati dalla sua commutazione. La coppia di valori RC deve essere adeguata al carico (in particolare ai suoi elementi parassiti) ed in genere varia fra 150nF+150ohm e 47nF e+470ohm.
La tabella seguente, mostra come configurare il circuito per ottenere potenze medie al carico comprese fra il 10% ed il 50%, minimizzando le fluttuazioni.
Le colonne da 0 a 9, sono le uscite decimali del 4027 e la “X” ne indica l’utilizzo chiudendo il relativo switch/ponticello. A destra, vediamo 5 forme d’onda significative del funzionamento. Dall’alto in basso: corrente nel carico, tensione di rete, tensione al carico, potenza al carico ed infine pilotaggio del Triac.
Uscite 4017 |
Forme d’onda |
||||||||||
0 |
1 |
2 |
3 |
4 |
5 |
6 |
7 |
8 |
9 |
||
10,00% |
X |
||||||||||
20,00% |
X |
X |
|||||||||
30,00% |
X |
X |
X |
||||||||
40,00% |
X |
X |
X |
X |
|||||||
50,00% |
X |
X |
X |
X |
X |
L’integrato 4017 ha una limitata disponibilità di corrente d’uscita, indicativamente compresa fra 5 e 15mA. Se questo valore non fosse adeguato a pilotare il triac scelto, si può modificare lo schema come mostrato qua a fianco:
Di fatto si introduce un amplificatore di corrente (T1) fra il 4017 ed il gate. La corrente massima ora disponibile per l’innesco vale ad esempio circa:
Da notare come possa essere necessario adeguare la potenza (e quindi i relativi valori dei componenti) dell’alimentatore a 15V per avere disponibile la corrente prima teoricamente calcolata!
Con le opportune modifiche alla parte di potenza, il circuito può essere impiegato anche per la regolazione della velocità di piccoli motori asincroni ad elevata inerzia quali ad esempio, quelli impiegati in molti rotori d’antenna.
Abbinato a fonti luminose “veloci” come lampade a basso consumo ed a led, il sistema si trasforma in un generatore stroboscopico alle seguenti frequenze:
Selezione |
Frequenza bassa |
Frequenza alta |
Rapporto luminosità fra le frequenze |
10,00% |
Fissa, 5Hz |
1 |
|
20,00% |
Fissa, 10Hz |
1 |
|
30,00% |
12,5Hz |
16,667Hz |
1:3 |
40,00% |
Fissa 16,67Hz |
Modulata a 5Hz |
|
50,00% |
12,5Hz |
25Hz |
2:1 |
Questo impiego non c’entra ovviamente nulla con l’applicazione iniziale, ma può sempre servire per altri scopi…
Nell’esecuzione pratica del circuito occorre ricordare come lo stesso sia alimentato a tensione di rete e quindi sia necessario adottare tutte le regole di buona progettazione, prime fra tutte quelle relative agli isolamenti ed alla sicurezza personale.
Conclusioni: il circuito presentato può essere impiegato tutte le volte che si voglia ridurre l’energia erogata da un carico alimentato in alternata e con una inerzia di almeno qualche secondo. Il circuito è semplice, abbastanza flessibile, economico e fattore molto importante scevro (o quasi) dalla generazione di disturbi. É l’unica soluzione al problema? Ovviamente no, ma fra le tante è sicuramente una di quelle da tenere pronta nel cassetto Infine, un grazie particolare all’amico Luciano Mores, per avermi indotto a ragionare su questo tema e per tutto quello che da lui ho imparato!