La radio “Sempre Pronta”

Un adorabile pezzo della storia industriale e radiotecnica d’oltre Manica

Introduzione

Chi non conosce o ha mai visto il marchio “Ever Ready” in qualche vecchia radio o manuale di radiotecnica, alzi la mano! Per decenni quel marchio è stato sinonimo, nel mondo, di pile e batterie al punto da confondersi con il prodotto stesso. Vediamo in questo breve articolo un esempio della loro esperienza nel campo della produzione diretta di apparati radioriceventi.

L’azienda

La nascita e sviluppo del marchio Ever Ready è quantomai curiosa e tortuosa e forse classificabile come “storia d’altri tempi”.

Tutto iniziò nel 1891 quando Akiba Horowitz, ebreo russo, arrivò negli Stati Uniti. Nato a Minsk e uomo d'affari di successo nel settore delle distillerie, lasciò il suo paese a causa delle politiche antisemite. Al suo arrivo in America, aveva 35 anni e mutò il suo nome in Conrad Hubert. Incapace di riavviarsi nella stessa attività abbandonata nel suo paese, aprì un negozio di sigari a New York City a cui fece seguito l’avvio di varie altre attività tra cui un ristorante, un negozio di gioielli e orologi, una pensione e un negozio di articoli di moda.

Mentre la sua attività cresceva, acquistò un brevetto per una lampadina per biciclette e successivamente, il brevetto per la prima torcia a forma tubolare.

Nel 1898 Hubert fondò l'American Electrical Novelty and Manufacturing Company. Aveva 42 anni e il successo finanziario fino ad allora ottenuto gli permise di avviare la produzione di luci per biciclette e torce che furono da lì a poco scelte dalla NYPD (New York Police Dept.) per le loro dotazioni. Questo lo portò rapidamente alla ribalta, consegnandogli un successo pressoché immediato.

Già nel 1899 aveva avviato una fabbrica di 10.000 piedi quadrati in Center Street a New York City dove produceva torce elettriche, batterie e lampadine con il nome di Ever Ready e impiegava oltre 60 uomini e donne.

Nel 1901 venne costituita nel Regno Unito una società privata a nome American Electrical Novelty and Manufacturing Company Limited volta alla commercializzazione di novità elettriche importate dagli Stati Uniti, fra cui le batterie a secco che vennero diffuse sotto il marchio di Ever Ready.

La British Ever Ready Electrical Company (BEREC) nacque nel 1906 come filiale della American Eveready Battery Company da cui divenne indipendente nel ​​ 1914.

Per molti decenni l'azienda ha dominato il mercato delle batterie di consumo nel Regno Unito, aprendo una quantità di fabbriche, la più grande delle quali è stata eretta a Tanfield Lea, nella contea di Durham, nel 1968. Altre fabbriche che meritano particolare menzione sono quelle di Dawley, Four Ashes, Maldon, Newburn, Londra (Victoria Works e Forest Road) e Park Lane, Wolverhampton. Lo sforzo di ricerca dell'azienda era imperniato sui laboratori centrali, divenuti noti come Group Technical Center, a St. Ann's Road, Harringay, Londra N15. La sede della società era situata in Ever Ready House a Whetstone, Londra N20. I siti di produzione oltreoceano si estendevano in paesi quali Sud Africa, Nigeria, Sri Lanka e Giamaica. La società comprendeva anche le divisioni ingegneristiche Cramic Engineering e Toolrite. Nel 1972, la società acquisì la J. A. Crabtree & Co, produttrice di accessori elettrici.

Questo colosso industriale delle batterie fu però oggetto di un'acquisizione ostile da parte di Hanson Trust nel 1981 che portò alla chiusura di varie fabbriche, al taglio di moltissimi posti di lavoro e alla vendita delle filiali tedesche (Daimon) e italiane (Superpila) a Duracell che molti ricorderanno come protagoniste nel panorama di quegli anni nel nostro paese. Poco prima di questo pesante riassetto societario, la British Ever Ready Electrical Company cambiò il suo nome in Berec Group.

Sin dagli anni '50 il nome BEREC veniva utilizzato solo per le esportazioni di batterie e apparecchi radio (come British Ever Ready Export Company). Alcune batterie Daimon erano marchiate BEREC e alcune erano prodotte in Svizzera. Una delle prime decisioni dell’azienda acquisitrice Hanson fu quella di tornare da BEREC al marchio Ever Ready nel Regno Unito.

Dopo solo undici anni, nel 1992, Hanson Trust vendette la società a Ralston Purina, già proprietaria della società americana Eveready e ora parte di Energizer Holdings.

Questo ulteriore cambio di proprietà portò nel 1996 alla chiusura dello stabilimento di Tanfield Lea, la sua ultima fabbrica nel Regno Unito. La produzione di alcune batterie Ever Ready a codice PP6, PP7 e PP9 è continuata però nel Regno Unito fino al 1999 per mezzo della Univercell Battery Company, situata vicino alla vecchia fabbrica di Dawley, utilizzandone il macchinario originale.

Oltre al business delle batterie, negli anni si affiancarono anche la produzione di torce e lampadine per biciclette. Particolarmente interessante fu la produzione di apparati radio che ebbe luogo dal 1934 fino al 1964. Come passò dalle batterie alla radio è presto detto. Sin dal 1928 Ever Ready possedeva una partecipazione in Lissen. Assieme al suo fondatore, che nel 1934 aveva formato la Vidor, la Ever Ready prese completamente il controllo societario di Lissen aprendosi così il mercato dei radioricevitori.

Nacquero quindi nel 1935 i primi due ricevitori Ever Ready sviluppati in collaborazione con Pye che ne sviluppò il telaio e gli chassis. Detta collaborazione si esaurì dopo pochi anni.

Molti modelli di apparecchi radio sono stati prodotti in entrambe le versioni Lissen e Ever Ready fino al 1941. Dal 1942 al 1945, per cause belliche, fu fabbricato solo un modello di radio Ever Ready. A partire dai primi anni ‘50 furono realizzati tre modelli "offshore", uno a Hong Kong e due negli stabilimenti situati in Malesia. In particolare la radio "Saucepan Special" ebbe grande successo in Africa per la sua robustezza (tropicalizzata e corpo tutto in alluminio) e la copertura delle sole onde corte.

La radio

La produzione di radioricevitori della Ever Ready spaziò largamente, andando da apparecchi da tavolo quali il Modello 5003 con cabinet in legno fino alle più moderne versioni portatili quale la Model C con contenitore in bachelite e qualche versione da auto.


Illustrazione 1: Dettaglio delle chiusure a scatto con serratura della valigetta

Quella di cui ci occuperemo oggi è una versione di radio portatile contenuta in una elegante valigetta e databile ai primi anni ‘50.

L’aspetto

Come anticipato il radioricevitore analizzato è contenuto in una più che elegante valigetta in legno, finemente rivestita.

Alla sua apertura la radio si accende automaticamente in pochi istanti sia grazie all’interruttore che rileva il sollevarsi del coperchio sia al breve tempo di riscaldo dei tubi impiegati.

Aperta la valigetta troviamo l’ampio pannello in lamiera verniciata con i vari comandi ed indicazioni. La scala parlante è di tipo lineare e tradisce la vocazione di ricevitore locale, riportando solo nomi di stazioni trasmittenti del Regno Unito.

Sulla sinistra troviamo le feritoie dell’altoparlante di generose dimensioni che assicura un buon livello audio ed una riproduzione fedele anche dei contenuti musicali.


Illustrazione 2: Vista del pannello frontale del ricevitore

Negli angoli in basso vi sono due pomelli atti a svitare il pannello frontale e permettere l’accesso al vano sottostante dove trovano posto le batterie.

La parte radio

Come gran parte delle sue consimili dell’epoca, impiega 4 valvole della serie batteria e nel dettaglio:

DK91 eptodo, oscillatrice locale e mescolatrice

DF91 pentodo, amplificatore a frequenza intermedia

DAF91 diodo-pentodo, rivelazione AM/AGC e preamplificazione audio

DL92 pentodo, finale audio

Il tutto consente discrete prestazioni ed un utilizzo piacevole.


Illustrazione 3: L'antenna a telaio nel coperchio della valigetta

L’alimentazione era fornita da  ​​​​ due batterie, ovviamente “EverReady”: una da 90V modello B107 per l’anodica ed una da 1,5V modello Mallory I4, per i filamenti.

L’antenna è a telaio, inserita nel coperchio della valigetta e consta di due avvolgimenti separati: uno per le onde medie e uno per le lunghe.

Lo schema elettrico è stampato all’interno, nel vano batterie.


Illustrazione 4: Interno del ricevitore, dove trovano posto le due batterie ed è possibile rinvenire lo schema elettrico

La rimessa in servizio

Riportare ad uno stato di funzionamento accettabile un apparato radio di almeno 60 anni fa e abbandonato chissà dove da lungo tempo non è mai affare facile. Per quanto l’apparecchio sia semplice e le varie parti assemblate con abbondanza di spazio, le difficoltà sono sempre dietro l’angolo.

Sporco, ossidazioni, isolante dei cavi rovinato, tubi esauriti, condensatori in perdita sono i principali nemici dell’immediato buon funzionamento. Per fortuna nella stragrande maggioranza dei casi vi si può porre rimedio con uno sforzo limitato. Vediamo a titolo d’esempio quanto ho manutenuto sul mio esemplare per rimetterlo in “perfetta forma”.

Zoccoli delle valvole: spesso sono ossidati e possono causare vari malfunzionamenti. Si può provare a rigenerarli con un po’ di spray per contatti, ma se sono molto danneggiati o hanno perso la pressione sui pin non rimane che sostituirli.

Condensatori: i più a rischio sono gli elettrolitici, come sempre. Per fortuna sono pochi e di facile accessibilità.

Contatti striscianti: altro punto debole tipico e qui impiegati sia nel pulsante di accensione sia nel commutatore di banda. Come per gli zoccoli, serve pazienza, spray e magari un poco di finissima carta abrasiva.

Valvole: come sempre potrebbero essere bruciate o esaurite. Per fortuna la serie impiegata è molto popolare e non è certo difficile recuperare quelle eventualmente guaste a buon prezzo.

L’alimentazione moderna

La radio, in origine, come tutte le sue simili dell’epoca, richiedeva due sorgenti distinte di alimentazione in corrente continua. Una a 1,5V per i filamenti e una da 90V per la tensione anodica. Dette sorgenti erano all’epoca costituite da due specifiche batterie, non più reperibili da decenni. Per ovviare a questa situazione esistono almeno due soluzioni preferite.

La prima consiste nel realizzare un alimentatore da rete che partendo dalla 230Vac produca le due ​​ tensioni continue necessarie. Questa soluzione è semplice da costruire, ma toglie alla radio il suo fascino di portabilità.

L’altra si basa invece su un alimentatore che partendo da una o più celle ricaricabili ricostruisca le tensioni necessarie alla radio. Questa soluzione è forse un poco più complessa della precedente, ma offre il vantaggio di permettere di godere del ricevitore coerentemente alla sua missione originale.

Come primo passo per la definizione dell’alimentatore addizionale che ne permetta il funzionamento con batterie di corrente disponibilità, è necessario stimare il fabbisogno di potenza di ogni linea. Per questo ci rifaremo ai datasheet dei tubi impiegati, immaginando la condizione più gravosa di utilizzo prevedibile.

 

Corrente di filamento - mA

Corrente anodica + griglie - mA

DK91

50

4,8

DF91

50

3,4

DAF91

50

2,7

DL92

100

8,8

Totale

250

19,7

In sintesi occorrono circa 600mW a 1,5V e 1,8W a 90W. Tutto sommato potenze molto ridotte. Una soluzione interessante da esplorare oggi è rappresentata dai vari convertitori step-up e step-down ottenibili a poco prezzo dal mercato cinese.

Per le batterie si può pensare all’impiego delle ormai comuni LiPo, magari ad 1 cella per ottenere la tensione di filamento e 3-4celle per salire ai 90V dell’anodica. In questo caso la capacità dovrebbe essere in ragione di 4:1 circa per ottenere una scarica simile delle due sorgenti. In prima approssimazione, un elemento da 1200mAh (per filamento) e 4 da 250mAh (in serie, per survoltore anodico) dovrebbero garantire un 6-7 ore di buon funzionamento.

Conclusioni

Questa radio non è solo un “pezzo da collezione”, ma è icona e memoria di una lunga storia industriale. Testimone di un tempo passato in cui avere un “ricevitore nella valigia” da impiegare magari durante un picnic con gli amici o la famiglia in mezzo ad un prato era motivo di orgoglio e distinzione. Tanti anni sono passati, ma le emozioni che può trasmettere sono ancora vivissime.

Buoni ascolti a tutti.

Bibliografia

en.wikipedia.org/wiki/British_Ever_Ready_Electrical_Company

www.gracesguide.co.uk/Ever_Ready_Co_(Great_Britain)

www.radiomuseum.org/r/ever_saucepan_special_2.html

David Bowen. "Assault and battery: The fall of the Ever Ready empire: a classic tale of British decline by David Bowen". The Independent. Retrieved 2016-12-18.

By iw4blg

Pierluigi Poggi since his childhood has been attracted from technical stuffs and gears, being a very curious guy. He built his first Xtal radio when he was just 9. Today, we would call him “maker”. When he turned to 21 became radio amateur, with call sign iw4blg. Since then, he developed many radio gears and felt in love with space communication, becoming an EMErs and a satellite enthusiast. His great passion led him to experiment a lot on the higher bands, up to pioneering several THz (lightwaves) QSOs on the early ’90. Beside to this passion to the radio communication and modern technologies, he like to study, experiment, understand-why, then, write and share, or better, spread the knowledge. This fact led him to became a well renowned contributor of electronics magazines with more than 95 articles published and author of 14 science books.

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