Driver per iniettori gas/benzina
Questo studio è dedicato a tutti coloro che vogliono poter comandare a piacere iniettori di carburante auto, quali, benzina e GPL. Sia che si tratti di studio, di verifica della funzionalità, pulizia o sviluppo di qualche applicazione motoristica i problemi da affrontare e risolvere non mutano sostanzialmente e cercheremo nelle pagine seguenti di approcciarli nel modo più semplice e proporre una soluzione.
L’iniettore
Struttura e funzionamento
Ogni iniettore per benzina o gas liquefatto ha peculiarità specifiche in base all’applicazione motoristica per cui è destinato e al combustibile da elaborare. E’ però possibile per i nostri scopi concentrarsi sulle parti comuni: infatti ogni iniettore è di fatto una valvola idraulica con un comando elettromagnetico.
Vediamo nel disegno seguente una schematizzazione in sezione:
Illustrazione 1: Schematizzazione di un generico iniettore
Il flusso del fluido (gas o liquido) viene intercettato da un piccolo equipaggio mobile, detto spillo, che sotto la spinta di una molla e del carburante chiude il passaggio del carburante. Lo spillo è collegato ad un equipaggio magnetico e quando si alimenta la bobina, il campo generato lo fa muovere, aprendo una luce di passaggio. Il principio di funzionamento è quindi abbastanza semplice e comune a molte elettrovalvole. E’ la loro miniaturizzazione, precisione e velocità di attuazione che li rende così “speciali” ed importanti per il buon funzionamento del motore.
Il comportamento elettrico
Il comportamento elettrico degli iniettori di carburante può essere di solito essere modellato con un un semplice circuito RL. La figura sottostante, ne riporta un esempio:
Illustrazione 2: Schematizzazione semplificata circuito elettrico equivalente di un iniettore
Nel funzionamento reale però, il valore di L1 dipende dallo stato del solenoide. In altre parole, L1 cambierà il suo valore a seconda che lo spillo sia aperto o chiuso. Questo effetto, se pronunciato abbastanza, può essere un aiuto prezioso nel determinare la corrente necessaria per aprire un particolare tipo di iniettore. Il cambiamento di induttanza (e quindi momento in cui lo spillo cambia posizione) si manifesta come punto di discontinuità nell'innalzamento iniziale della corrente del solenoide.
Il pilotaggio
Nella storia degli iniettori si sono susseguite varie evoluzioni tecnologiche che hanno modificato anche il modo di alimentarli. Come visto nel capitolo precedente, la velocità di salita della corrente è limitata dall’induttanza della bobina, mentre la corrente massima dipende dalla sua resistenza oltre che ovviamente dalla tensione di alimentazione. Iniettori che devono muovere magari rapidamente grandi spilli hanno bisogno di elevate forze magnetiche, prodotte con rapidità. Quindi resistenza e induttanza bassa. Per contro questo porta ad una dissipazione elevata nell’avvolgimento che può essere in contrasto con le esigenze di miniaturizzazione. Per questo, il pilotaggio migliore è sempre stato quello che nei limiti economici di progetto assicurava di far aprire rapidamente il passaggio di carburante senza far eccedere al componente i limiti termici. Sostanzialmente, le tecniche usate sono due:
Comando on/off
Comando peak&hold (P&H)
Nel primo caso, al dispositivo viene applicata la tensione di batteria (al netto delle cadute sui componenti) per tutta la durata del comando. La corrente cresce secondo il rapporto R/L e si stabilizza al valore V/R. Il sistema è semplice ed economico, ma può peccare in efficienza energetica, facendo dissipare parecchia potenza nell’attuatore. Per questo gli iniettori che lo usano hanno generalmente resistenze elevate, nell’ordine dei 10-20 Ohm.
Nel secondo caso, il dispositivo viene pilotato con tutta la tensione di pilotaggio solo per un breve tempo iniziale, sufficiente a farlo aprire. Raggiunta questa condizione, la corrente viene ridotta ad un valore contenuto (circa ¼ del picco). Questa tecnica richiede un circuito di pilotaggio più complesso rispetto al precedente, ma riduce a meno del 10% (a parità di altri parametri elettrici) la dissipazione termica nell’iniettore.
Vediamo a grandi linee i vari tipi di pilotaggio impiegati nel tempo e per famiglia di prodotto.
Tipologia iniettore | Immagine tipica | Pilotaggio |
Iniettori benzina single point | Peak & hold | |
Iniettori benzina multi point 1° generazione | On/Off | |
Iniettori benzina multi point 2° generazione | Peak & hold | |
Iniettori benzina multi point 3° generazione | On/off | |
Iniettori GPL | Peak & hold |
Il circuito di pilotaggio proposto
Mentre per un comune pilotaggio on/off il circuito di comando è molto semplice e in estrema ratio realizzato con un semplice interruttore, nel caso del P&H occorre un minimo di complessità aggiuntiva. Volendo realizzare tutto con componenti discreti si potrebbe ad esempio comporre il seguente circuito:
Illustrazione 3: Schema di un driver P&H con componenti discreti
Il principio di funzionamento è molto semplice: il transistor a destra è comandato sia direttamente per garantire l’alimentazione durante la fase di hold sia tramite il condensatore C per fornire un “extra” durante l’apertura dello spillo, mentre quello a sinistra è comandato per il tempo richiesto a raggiungere la corrente di picco. In buona sostanza, un dispositivo “lancia” l’equipaggio mobile dell’iniettore, mentre l’altro ha il compito di mantenerlo aperto.
Il circuito nella sua semplicità ha però dei limiti: al variare delle caratteristiche dell’iniettore, della sua temperatura e della tensione di alimentazione non può garantire ripetibilità delle correnti di pilotaggio, nonché richiede due fonti di segnale.
Una evoluzione semplice ed efficace è l’impiego del circuito integrato LM1949 che racchiude al suo interno vari blocchi funzionali come sotto riportato:
Illustrazione 4: Schema a blocchi del LM1949. Fonte: datasheet Texas Instrument
Una applicazione circuitale, flessibile per quasi qualunque impiego è la seguente:
Illustrazione 5: Schema del driver per iniettori
Vediamo ora alcune note esplicative e suggerimenti pratici.
U1 è il già citato LM1949, molto semplice da impiegare vista la sua disponibilità in case DIL-8. Bread board, millefori , dead-bug o circuito stampato sono tutte tecniche di montaggio usabili a convenienza.
L’integrato è alimentato a 5V tramite U2, il consueto 7805
Il circuito di controllo è alimentabile quindi da circa 8 V a oltre 20V, l’alimentazione quindi può essere in comune con quella dell’iniettore.
L’ingresso accetta segnali on/off da 0 a 5V, sia livello Cmos sia TTL.
Lo zener Z1 serve a limitare le extra tensioni che si generano quando si riduce o interrompe bruscamente la corrente nell’iniettore che come visto precedentemente è un carico misto, resistivo-induttivo. Un valore di 33V è più che adeguato. La sua dissipazione media vale:
Con i seguenti valori indicativi e tipici di utilizzo:
Vz, tensione di zener = 33V
Linj, induttanza dell’iniettore = 2mH
f, frequenza di pilotaggio = 50Hz
Vp, tensione sul pin 4 per livello di picco = 0,385V
VH, tensione sul pin 4 per livello di hold = 0,094V
Vcc, tensione di alimentazione della parte di potenza = 14V
R1, valore della resistenza di lettura corrente iniettore = 0,22 ohm
si ottiene=
Il valore può sembrare molto ridotto, ma non dimentichiamo che è possibile incontrare iniettori con induttanza più elevata, così come salire a 250-300Hz di pilotaggio. Per questo un dispositivo da 3-5W è considerata una scelta adeguata e cautelativa in ogni evenienza.
R1 è una resistenza di media potenza necessaria per permettere all’integrato LM1949, tramite la sua caduta di tensione, di leggere la corrente instantanea dell’iniettore. La sua potenza media dissipata vale:
dove n è il duty-cycle del comando, variabile fra 0 e 1.
Da cui nel caso peggiore:
Per motivi di affidabilità, si consiglia quindi l’impiego di un resistore da almeno 5W di dissipazione.
T1 è un transistor in configurazione darlington di media potenza, non critico, da almeno 60V di Vce e 8A di Ic. Un dispositivo della serie TIP14x è perfetto all’uso. La sua dissipazione vale all’incirca =
Considerando come in precedenza di alimentare il tutto a 14V, duty cycle massimo (pari ad 1 quindi) e impiegare i valori dei componenti indicati nello schema suggerito si ottiene:
Occorre quindi ben dissipare il dispositivo. Vero è che difficilmente nei test si supererà il 50% di duty cycle e che la formula utilizzata è una semplificazione conservativa di quella completa. Un dimensionamento dell’aletta per smaltire 10-15W è quindi in genere adeguato alla maggior parte dei casi d’impiego.
P1 è un potenziometro che permette all’operatore di definire il livello di corrente di picco dell’iniettore raggiunto il quale, l’integrato passa alla fase di hold. Con i valori indicati il campo di regolazione spazia da 1,75A a 5,5A, pari a produrre 0,385mV sul piedino 4 dell’integrato.
C1 è un comune condensatore ceramico o poliestere necessario alla stabilità del circuito.
Iinj è un connettore a cui collegare ad esempio un oscilloscopio per monitorare l’andamento della corrente nell’iniettore con il seguente fattore di scala:
SW1, P2 e C2 sono rispettivamente un commutatore, un condensatore e un potenziometro necessari per poter inserire e regolare una interessante funzione dell’integrato. Fino ad ora abbiamo supposto che tensione di alimentazione e parametri RL equivalenti dell’iniettore fossero tali da assicurare che entro il tempo di comando la corrente riuscisse a salire fino al valore di picco, seguito il quale si può passare alla fase di hold, riducendo la corrente. Se però, ad esempio riducendo la tensione di alimentazione dell’iniettore, non si raggiungesse la corrente di picco, l’iniettore rimarrebbe attraversato da una corrente elevata (fissata dal rapporto Vcc/Rl) fino al termine del comando. Questo fenomeno potrebbe non essere opportuno e indurre un riscaldamento eccessivo del componente. Ecco allora che attivando SW1 è possibile inserire una funzione di “time-out”, un tempo cioè trascorso il quale anche nel caso non fosse raggiunta la corrente di picco, il pilotaggio passa alla fase di hold. Spiegato a parole, tutto questo può apparire complicato, ma la grafica seguente (estratta dal datasheet del circuito integrato LM1949) esemplificherà meglio questa importante funzione.
Illustrazione 6: Forme d'onda tipiche nel circuito con e senza intervento della funzione di "time out"
Nella parte sinistra sono riportate le forme d’onda nel caso più comune di alimentazione tale da permettere alla corrente di salire rapidamente al valore di picco. A destra invece, gli stessi segnali nel caso l’alimentazione venga ridotta ad un valore tale da non permettere il caso prima citato (vedi quarta traccia). In tal situazione trascorso il tempo T, anche se non è ancora stata raggiunta la corrente di commutazione, l’integrato commuta al pilotaggio hold, prevenendo inutili surriscaldamenti del componente.
Pilotaggio
Il pilotaggio del circuito è affidato ad un qualunque generatore esterno di segnale capace di produrre onde rettangolari con le seguenti caratteristiche di massima:
Frequenza regolabile da 5 a 200 Hz
Tempo di ON (stato alto) da 1,0 a 20 ms
Tempo di transizione tra i livelli “alto” (5 V) e “basso” (0 V) minore di 0,2 μs
Alimentazione
Così come presentato il circuito richiede due alimentazioni: una per la parte di controllo ed una di potenza per l’iniettore. Come anticipato però, è possibile unirle senza problemi, limitando il valore della tensione di alimentazione fra 7 e 20V, generalmente più che adeguati a testare anche nelle condizioni più estreme qualunque iniettore. La corrente massima erogabile dipende dall’iniettore in test e dal settaggio di P1, ma in genere non dovrebbe essere inferiore ai 5-6A. Vista l’impulsività della corrente richiesta, per un corretto funzionamento del tutto, è opportuno che l’alimentatore abbia una resistenza d’uscita inferiore ad 1 mΩ e una induttanza inferiore a 2 mH.
Esempi di segnali
Dopo tanta teoria, schemi e formule vediamo qualche forma d’onda reale, così come rilevata sul connettore Iinj.
Forma d’onda | Commento |
Circuito alimentato a 13V, si nota come dopo circa 2ms viene raggiunta la corrente di picco, poi ridotta al valore di hold (circa un quarto del massimo). L’oscillazione dopo circa 1ms (tempo morto di apertura)è dovuta al movimento dell’equipaggio mobile dell’iniettore che muta il valore di induttanza equivalente oltre ad altri parametri trascurati per semplicità nella trattazione | |
Riducendo il valore di tensione di alimentazione, la corrente nell’iniettore non riesce più a raggiungere il valore di picco. Ecco quindi l’intervento del “time-out” che la riduce al valore hold | |
Pilotaggio a 250Hz, (equivalenti a 30000RPM in un 4 cilindri, 4 tempi). L’equipaggio mobile dell’iniettore non riesce più a seguire il comando che rimane quindi in una “fase balistica”, indeterminata non raggiungendo mai gli stati stabili di aperto e chiuso. La frequenza massima è fortemente influenzata nella vita del componente dal suo sporcamento (morchie all’interno) e danneggiamento della parte mobile, aspetti percepibili su vettura ma non rilevabili con normali misure statiche di resistenza ed induttanza. |
Note finali
Il circuito di per sé è molto semplice, economico e facilmente riproducibile ed apre all’esplorazione di un mondo di esperimenti e studi. Come ultime note credo importante sottolineare due aspetti legati alla sicurezza durante le prove:
i carburanti quali essi siano, sono molto volatili ed infiammabili: vanno quindi osservate le migliori pratiche di ventilazione del luogo di prova e di sicurezza anche quando si manipolano i componenti che sono stati in contatto con essi (potrebbe esservi del combustibile all’interno).
gli iniettori sono progettati per funzionare raffreddati dal carburante che li attraversa. Nei test possibili con questo dispositivo sarebbe per sicurezza meglio assicurarsi invece di impiegare componenti “asciutti” ed in aria libera aspetto che potrebbe portare ad un surriscaldamento anche dannoso per il componente. Controllare quindi sempre la sua temperatura e in ogni caso contenere sempre al minimo indispensabile il tempo di prova.
Buone prove a tutti!
Bibliografia
Datasheet LM1949