Trasformatori per antenne attive (e non solo)
Chiunque abbia sperimentato l’uso di antenne attive (ma non solo) per la ricezione dalle ELF alle HF, avrà avuto modo di confrontarsi con la necessità di separare galvanicamente l’antenna dal ricevitore. Così facendo infatti, si interrompono (o meglio, si attenuano tanto) i noti “ground loop” o anelli di massa, che possono veicolare indesiderati disturbi di modo comune all’ingresso del ricevitore.
I disturbi di modo comune sono fra i più fastidiosi e sono caratterizzati dal fatto che le loro correnti viaggiano in maniera “parallela” su calza e centrale del cavo coassiale (caldo e schermo della linea schermata), come fossero un unico conduttore, richiudendosi poi tramite le capacità parassite verso terra di antenna e ricevitore.
Illustrazione 1: Schematizzazione del percorso dei disturbi di modo comune
Vediamo oggi l’analisi di due differenti dispositivi che si possono con soddisfazione adottare in questi casi. Dispositivi economici, facili da reperire ma di grandi potenzialità!
Trasformatore per ULF-VLF
Iniziamo l’analisi partendo dalle frequenze più basse, dagli Hz, per intenderci alle onde lunghissime. In questa parte di spettro, oltre purtroppo a tanti disturbi, vi sono molti segnali di origine naturale così come trasmissioni particolari quali servizi di radionavigazione, localizzazione, tempo campione. L’uso di antenna attive è spesso un obbligo (per chi magari non si può permettere una bella antenna marconiana), spesso collegate ad una scheda audio.
Il trasformatore ideale quindi, deve avere quindi una risposta piatta e con perdite di inserzione limitate, dalla “quasi continua” alle decine di kHz, il tutto quando terminato su alcuni kohm. Vista la non trascurabile possibilità che l’antenna esterna veicoli anche tensioni molto elevate (ad esempio nel caso di fulmini), un elevato isolamento del trasformatore è cosa assai gradita che può mettere al riparo da catastrofici danni in stazione.
Un ottimo prodotto, è il modello P1200 della ETAL, facilmente reperibile sia da grandi distributori internazionali quali Farnell, sia in rete (ed esempio Ebay), a prezzi molto modici.
Il datasheet ci racconta come detto dispositivo sia pensato quale elemento di isolamento ed interfaccia per linee dati telefoniche: ad esempio i vecchi modem per collegarsi ad internet e i set top box della televisione interattiva.
Vediamone la curva di risposta quando terminato su 10 kohm, pensati equivalenti all’impedenza d’ingresso di una generica scheda audio da computer:
llustrazione 2: Risposta in frequenza del trasformatore, terminato su 10kohm
Come visibile nel grafico, la risposta in frequenza entro 1dB si estende da 5 Hz a 30kHz. La perdita di inserzione è praticamente nulla e non misurabile colla mia strumentazione. A frequenze elevate, la risposta si impenna a causa della risonanza dell’induttanza degli avvolgimenti coi propri parametri parassiti e la capacità esterna di carico. Vale la pena notare, come sia opportuno mantenere proprio quest’ultima a valori minimi (vedi illustrazione).
Illustrazione 3: Risposta del trasformatore al variare della capacità di carico
Pertanto, la miglior soluzione è posizionare il trasformatore in prossimità della scheda audio, riducendo per quanto possibile la lunghezza (e quindi la capacità) del cavo schermato di collegamento.
Altro parametro molto importante e critico in un trasformatore è la distorsione. Nei test effettuati a ben 500mV RMS, è sempre risultata inferiore a -80dB (limite della mia catena di misura) su tutto il campo utile di frequenza.
Tutto bene quindi? Possiamo veramente pensare di usare il dispositivo dalla quasi continua alle onde lunghe senza dubbi di sorta? Non proprio e vediamo ora il perché.
Dopo le varie caratteristiche finora valutate, ne rimane ancora una inesplorata: l’adattamento, cioè quanto il dispositivo riporti al suo ingresso l’impedenza su cui è chiuso in uscita.
Vediamo la misura:
Illustrazione 4: Curva di “adattamento” del trasformatore
Per esprimerla, si è considerato di terminare il trasformatore sui 10 kohm di una scheda audio e misurato il modulo dell’impedenza vista al suo ingresso, valore con cui dovrà “fare i conti” l’antenna. Il grafico riporta il rapporto fra il valore misurato e quello teorico.
Il caso ideale, mostrerebbe una linea piatta, adagiata sul livello unitario, il ché renderebbe il dispositivo “trasparente” (il secondario è “ricopiato” sul primario). Purtroppo così non è e se in VLF (3-30kHz) non siamo lontanissimi dal desiderato, alle frequenze più basse le cose si complicano. In banda ULF, probabilmente è ancora usabile, mentre in SLF e ELF la minima impedenza riportata in ingresso potrebbe causare non pochi problemi al sistema (antenna) che alimenta il trasformatore. Ma come mai questo comportamento così poco gradevole?
Vediamo con l’ausilio del modello equivalente fornito dal costruttore di fare alcune considerazioni:
Illustrazione 5: Modello equivalente del trasformatore ETAL. Fonte: datasheet costruttore
RDC rappresenta la resistenza degli avvolgimenti
ΔL rappresenta l’induttanza di dispersione
LP rappresenta l’induttanza degli avvolgimenti
RP rappresenta le perdite del trasformatore
Facciamone una simulazione:
Illustrazione 6: Simulazione impedenza vista ingresso al trasformatore chiuso su 10 kohm
I calcoli a tavolino, sostanzialmente concordano con la pratica. A frequenze alte, l’effetto dell’induttanza di dispersione in serie col segnale, prevale, facendo impennare il valore dell’impedenza vista al primario. Viceversa a frequenze basse, il dispositivo tende sempre più a diventare “resistivo” (la reattanza delle induttanze crolla e di fatto tendono a diventare un corto) e quindi la sua impedenza crolla a minimi valori, mentre in banda utile, RP si pone di fatto in parallelo col carico limitando a circa 4kohm la resistenza vista a primario col secondario chiuso su 10kohm.
Un modo per “appiattire” questa curva, è far lavorare il trasformatore su impedenze più basse, ad esempio prossime ai 600Ohm, tipici delle linee audio. Ponendo poi anche due condensatori da 22nF ai capi degli avvolgimenti, si ottiene la seguente risposta del sistema:
Illustrazione 7: Simulazione impedenza vista ingresso quando chiuso su 560Ohm e equalizzato con due capacità
La situazione è decisamente migliore e dalla frequenza di rete fino ai limiti della banda audio la curva si mantiene piatta. Di questi aspetti si può tenere conto, se possibile, nel progetto, scelta o abbinamento con l’antenna ed il ricevitore.
Per molti anni, l’impiego delle sound blaster è stato l’unico o per lo meno il più diffuso modo di acquisire questi segnali. Negli ultimi tempi però, anche vari SDR amatoriali hanno aperto la possibilità di ricezione di questa parte di spettro. In questo caso occorre però considerare non più una elevata impedenza d’ingresso del ricevitore, ma i 50 Ohm tipici del nostro mondo radio.
Vediamo allora come si comporta il dispositivo in questione:
Illustrazione 8: Risposta in frequenza del trasformatore chiuso su 50 Ohm
La banda a -1dB si trova compresa fra 3Hz e 10kHz, ma la perdita di inserzione sale a ben 12dB! Infatti, già nella simulazione dell’impedenza d’ingresso si nota che:
anche in piena banda utile, l’impedenza in ingresso è circa tripla di quella di carico. Questo è dovuto al fatto che con impedenze così basse, la resistenza degli avvolgimenti diventa predominante e di fatto si somma con quella del carico.
Trasformatore per LF-HF
Per chi è interessato alle frequenze superiori, diciamo dalle onde lunghe alle HF, un ottimo dispositivo è il Minicircuits, modello T1-6T-KK81. Questo trasformatore dal rapporto 1:1 dispone sul secondario di una presa centrale (utile nel caso lo si volesse usare in circuiti bilanciati) ed è pensato per linee a 50Ohm. Per queste applicazioni, i parametri più importanti da verificare sono l’adattamento (return loss) e la perdita d’inserzione.
Il produttore indica sia un elenco di “electrical specification” da utilizzare per una prima scelta del dispositivo e conoscenza delle prestazioni garantite, sia le “typical performance” che invece suggeriscono il comportamento “medio” attendibile.
Nei riquadri sottostanti, possiamo vedere come le perdite di inserzione dovrebbero mediamente rimanere inferiori ad 1 dB da 30kHz a 300MHz e l’adattamento garantire almeno 20dB di return loss da 50kHz a 50 MHz.
Illustrazione 10: Curve tipiche di perdita d’inserzione e adattamento in funzione della frequenza. Fonte: datasheet Minicircuits
Le misure effettuate su un numero di esemplari hanno dato mediamente i seguenti risultati:
Perdita d’inserzione, 300kHz÷300MHz, 1dB/div
In realtà nel lotto a mia disposizione le cose vanno un poco diversamente rispetto alla popolazione media considerata dal produttore.
Il punto a -1dB delle perdite di inserzione si attesta a circa 77MHz (comunque meglio dei 50MHz dichiarati nelle Electrical Specification), mentre i 20dB di return loss sono garantiti fino a circa 26MHz, un po’ peggio di quanto mediamente atteso quindi.
A bassa frequenza il dispositivo è gradevolmente usabile a partire da circa 30kHz. Al di sotto, la bassa induttanza (750μH) degli avvolgimenti, è il vero limite del componente.
Conclusioni
L’impiego di trasformatori di linea per la parte più bassa dello spettro può regalare a poco costo interessanti soddisfazioni. La scelta però non è completamente priva di controindicazioni e punti da meditare con attenzione per non distorcere segnali o curve di risposta o rimanere delusi da una perdita d’inserzione rilevante.
Per chi invece necessita di lavorare in LF/HF, il dispositivo segnalato della Minicircuits si dimostra una scelta molto conveniente, offrendo in pochissimo spazio prestazioni di ottimo livello su oltre 3 decadi di frequenza. Anche qui, se si necessita veramente di “prestazioni top”, una verifica sul componente disponibile può essere consigliata.
Ringraziamenti
Come di consueto in chiusura, mi corre il piacevolissimo obbligo di ricordare e ringraziare chi mi ha aiutato e consigliato e condiviso con me la propria esperienza, quindi in mero ordine alfabetico Franco IU3ADL e Renato IK1QFK.
Ciao Pierluigi, molto utile e interessante questo tuo articolo. L’idea, i dati pubblicati e le misure. Potresti aggiungere, in alternativa e per fare una possibile comparazione, un trasformatore 1:1 autocostruito, ad esempio con un toroide FT50-J o con i nuclei Binoculari BN-73-202 ? I risultati secondo te sarebbero comparabili, o per il divario di prestazioni è conveniente orientarsi obbligatoriamente su trasformatori già pronti, come quelli da te proposti? Grazie per la tua eventuale gentile risposta.
P.S. Io uso due antenne Flag incrociate, autocostruite, con commutazione nelle 4 direzioni, da circa 1 anno. E sto verificando notevoli problemi di disturbi, dalle capacità residue delle antenne, verso il terreno. Molto accentuati soprattutto nel periodo estivo, con il terreno circostante più secco e quindi più riflettente.
Ciao Paolo e grazie dell’interesse!
Per semplificare la materia io direi:
– i traformatori sono utili in molte occassioni
– quelli commerciali hanno di buono di farti conoscere le caratteristiche, quelli autocostruiti devi misurarli (e sapere come) per capire come vanno e che banda realmente coprono
– se si scende molto in frequenza tutto diventa molto complicato, sia che si compri, sia che si autocostruisca
– per quanto i trafo “isolino bene”, una calata in fibra con ADC sotto l’antenna non ha rivali e al momento credo imbattibile, specie nelle strutture bilanciate che risentono molto delle capacità verso terra.