Invito alla radioastronomia d’amatore RKE12.2007

Radioastronomia d’amatore…

perché non provarci?

Per quelli come me che amano tanto le radiocomunicazioni quanto il cielo, arrivare ad interessarsi di radioastronomia pare essere una “ovvia conseguenza”….

Scopo di questo scritto sarà raccontare la mia esperienza, fatta di mezzi domestici, passione, errori, determinazione.

La Radioastronomia è una delle più recenti scienze umane, nata solamente negli anni trenta, in maniera “fortuita”.

Si è soliti associarla a grandi antenne e mezzi impegnativi per costo e complessità. Se da un lato questo è vero e necessario per trarne le più avanzate informazioni scientifiche, è altresì vero che con mezzi minimi è possibile divertirsi, studiare ed affrontare nella propria casa molti dei problemi dei grandi radioastronomi.

Una stazione radioastronomica è composta almeno dai seguenti elementi:

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Da sinistra verso destra troviamo: un’antenna, un ricevitore ed un misuratore d’uscita / registratore di dati

Dovendo partire da zero, è opportuno progettare il tutto con elementi dedicati e su frequenze specificamente assegnate a questo servizio. Ma non era questo il mio caso, dove, la voglia di sperimentare in questo campo si sovrapponeva ad un’altra passione: il traffico via riflessione lunare (EME) a 144 MHz. Per questo avevo installato nel giardino di casa quattro piccole antenne Yagi complete di puntamento alzo-azimutale e volevo utilizzare le elettroniche già in mio possesso.

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Vediamo nel dettaglio la stazione utilizzata:

  • 4 yagi da 10 elementi, lunghe 5.1m

  • guadagno calcolato dell’array: 20.3 dBi

  • bassi lobi laterali (- 15÷17 dB)

  • possibilità di commutare a piacere il ricevitore su un carico adattato a 50 Ohm (e a temperatura nota) o sulle antenne

  • preamplificatore “sotto le antenne” da circa 0.5 dB di NF (35°K) e 18 dB guadagno

  • ricevitore amatoriale Yaesu FT-726, con AGC spento

  • misuratore audio vero RMS (HP3400 con lettura digitale esterna e filtro passa basso inseribile)

Alcune considerazioni

Frequenza di lavoro: la banda dei 144 MHz utilizzata non era certo una delle migliori, essendo assegnata in via esclusiva ad altro servizio attivo, ma era quella già disponibile “in casa”. Per questo, è stato necessario fare molta attenzione a non incorrere in interferenze durante le osservazioni, magari scegliendo orari notturni, o evitando puntamenti noti come interferiti. Nel mio caso, infatti, da 0° a 60°E di puntamento ricevevo molti disturbi, a causa dell’elevato livello di RF irradiato dai Colli Euganei. Peraltro, i flussi di molte sorgenti sono “generosi” a questa lunghezza d’onda e questo agevola il lavoro.

Antenne: più che il guadagno tout-court, è importante che abbiano lobi laterali bassi. Questa caratteristica aiuta molto a contenere gli effetti delle interferenze.

Carico 50 Ohm: è importante poter commutare a piacere la catena di ricezione su un carico adattato e a temperatura nota. Questo permette di controllare il continuo buon funzionamento di tutto il sistema e di verificarlo verso le inevitabili derive di guadagno. Nel mio caso, prima d’ogni osservazione, registravo il livello ricevuto sul carico, collegavo le antenne, eseguivo la misura e ricontrollavo il valore su 50 Ohm. Le misure sul carico, “prima e dopo” dovevano essere pressoché coincidenti. In caso contrario, ipotizzavo una rilevante deriva del sistema ed il dato misurato non poteva essere comparato con gli altri già acquisiti. Questa procedura di calibrazione e verifica continua non ha mai evidenziato derive importanti, fintanto che le misure avevano una durata nell’ordine dei minuti. Bene, se tutto era andato per il verso giusto (sistema stabile e non interferito), la differenza Rumorecielo – Rumore50ohm era registrata manualmente su un foglio elettronico che provvedeva a calcolarne la media e la deviazione standard..

Se le osservazioni durano l’arco d’alcune stagioni, molto probabilmente anche la temperatura del carico varierà in maniera significativa (anche 40-50°K). In questo caso è raccomandabile registrarla e correggere i dati di conseguenza.

AGC: è il controllo automatico di guadagno presente in tutti i ricevitori ed ha il compito di stabilizzare il livello d’uscita al variare di quello d’ingresso. Esattamente quello che non si vuole in quest’applicazione! Dunque? Beh, dipende dai casi… lasciandolo attivo, si ottiene di fatto un effetto di “compressione” delle misure che può essere fuorviante. Per le prime esperienze ci si può anche dimenticare del problema a patto di non voler comparare i dati ottenuti con altri appassionati o giorno dopo giorno. Il salto di qualità delle misure ottenibile disattivandolo è significativo e ripaga ampiamente degli eventuali sforzi spesi nel “manomettere” la propria radio. Morale: se non c’è quindi un pulsante “AGC off”, meglio cominciare subito a studiare come introdurlo…

Cosa “ascoltare”: il cielo è pieno di radiosorgenti, ma a questa frequenza e con mezzi tecnici così limitati, il numero di quelle effettivamente ricevibili risulta limitato. Per le mie esperienze ho utilizzato il famoso software amatoriale di VK3UM che rende disponibile un buon elenco di radiosorgenti a portata d’amatore e la loro posizione nel cielo in tempo reale.

Le ho quindi arbitrariamente divise in quattro categorie: il Sole, Forti, Deboli e Silenziose. Per silenziose, intendo aree del cielo particolarmente “fredde” e quindi utili per verifiche del sistema riceventi. Se tutto funziona correttamente, puntando in quelle direzioni si deve ricevere meno potenza che non collegando il noto carico al posto delle antenne.

Larghezza di banda: un’ampia banda passante è consigliabile in senso generale, ma qui avevo due vincoli importanti. L’uno era la larghezza del ricevitore già disponibile, l’altro, l’elevato numero di segnali interferenti da evitare. Volendo progettare ex-novo il ricevitore credo che una banda da 20 a 200 kHz sia il miglior compromesso fra sensibilità e selettività necessaria nella banda utilizzata.

Misuratore d’uscita: ha il compito di misurare la potenza in uscita dal nostro sistema. Trattandosi di rumore bianco, è opportuno utilizzare una misura a vero valore efficace. Nella mia esperienza ho usato un vecchio HP3400 che dà misure attendibili fino a 10 MHz e che quindi mi ha permesso di fare confronti fra rilievi fatti sull’audio della radio e prima del rivelatore, sulla media frequenza a 455 kHz.

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La risposta dello strumento HP era però sia troppo veloce (m’impediva la lettura del valore medio) sia di tipo analogico (errori alti ad inizio scala ed insufficiente risoluzione).

Per migliorare la situazione ho montato un display digitale, pilotato dal segnale presente ai capi del microamperometro, filtrato tramite una semplice cella RC da circa 20-30 secondi di costante di tempo.

Ovviamente, disponendo di una scheda d’acquisizione, è possibile allocare il filtro ed altre elaborazioni direttamente nel programma di gestione.

      Bene, vediamo ora cosa sono riuscito ad acquisire in qualche mese invernale d’osservazioni, fatte nel tempo libero:

nome sorgente

media [dB]

dev.st[dB]

f.u. @178 MHz

immagine

note

Sun

6,0

2,2

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Molto instabile, valori fra i 3 e i 10 dB sono nella normale variabilità dell’attività solare

Cassiopeia

3,1

0,3

11000

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Residuo di supernova (Tycho)

Sagittario

6,9

0,2

4500
(@86 MHz)

Centro galattico

Cigno

3,9

0.3

8100

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Radio galassia

Omega 17

6,3

0,1

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Orione M42

0,9

0,3

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Toro A

1,7

0,3

1420

Residuo di supernova (Y1054)

Vergine

0,7

0,2

Radio galassia

Perseo A

1,5

0,1

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Acquario

0,5

0,4

n.r.

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Leone

-0,6

0,2

n.r.

Considerazioni:

Sosterrei che per il poco tempo impiegato e la stazione non ottimizzata per quest’impiego, i risultati sono ampiamente soddisfacenti ed inducono a proseguire per la strada intrapresa.

Il limite del sistema così come presentato, paiono essere le sorgenti da circa 1000 f.u. ormai al limite della visibilità; questo mi pare un buon risultato.

I -0,5 dB del Leone rendono giustizia delle fatiche per tenere i lobi laterali bassi e più in generale del contenimento della Temperatura di sistema di tutto l’impianto.

Le evidenti discrepanze di proporzionalità fra f.u. e dati rilevati d’alcune sorgenti è giustificata dal largo lobo delle antenne impiegate (circa 400 gradi-quadrati). Questo porta a raccogliere molto più cielo di quello realmente voluto. La temperatura media del contorno della sorgente studiata incide quindi in maniera significativa e talvolta quasi preponderante, sulla misura (effetto diluizione rilevante).

Un altro modo di registrare le radiosorgenti, facilmente realizzabile con l’impianto descritto, è registrarne il passaggio “di fronte” alle antenne.

Questo è un metodo largamente impiegato in ambito professionale.

L’operazione è semplice: si calcolano le effemeridi della sorgente, si puntano le antenne là, dove n’è previsto il passaggio fra qualche ora e s’inizia ad acquisire.

A titolo d’esempio, ecco quanto ho registrato del Cigno:

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Quali i limiti del sistema presentato? Sicuramente due: il fascio molto largo con conseguente scarso potere risolutore e la banda stretta, affetta pure da molti disturbi.

Il primo si può migliorare in due modi:

Array più grande e/o antenne a più alto guadagno. Chi ce l’avesse già se lo può godere ma non lo consiglio se l’impianto dovesse essere realizzato ex-novo. Costi elevati e complessità meccanica penalizzano questa soluzione, specie in rapporto ai benefici ottenibili in termini di risoluzione. Un array di 16 antenne come quelle usate avrebbe ancora un fascio di 100 gradi quadrati, decisamente insufficiente per separare sorgenti “vicine”o mappare pur se in maniera grossolana il cielo. Peraltro, il limite di sensibilità, a parità di altre condizioni al contorno, potrebbe spingersi verso le 200 f.u. e ipotizzo, permettere la ricezione di qualche pulsar.

Per migliorare in maniera significativa il potere risolutore del sistema, meglio cambiare approccio e costruirsi un interferometro. Ma questa è tutta un’altra storia, che richiede spazio ed un front-end “incompatibile” con l’attività radioamatoriale. Consiglio quindi questa via a coloro che fossero interessati in maniera esclusiva all’aspetto radioastronomico.

La banda stretta ed interferita ha una sola cura: realizzare un ricevitore dedicato su una frequenza “libera”. Senza stravolgere l’esperienza fin qui fatta, credo consigliabile spostarsi sulla banda 150.05-153.00 MHz dedicata, pur se in servizio secondario, al servizio radioastronomico. Le antenne potrebbero essere le stesse, opportunamente scalate (rimpicciolite di circa il 5%), così come il front end, solo leggermente aggiustato. Questo permetterebbe il riuso di soluzioni elettriche/elettroniche e meccaniche ormai collaudate.

Il ricevitore merita un discorso a parte. Buona dinamica, banda passante di circa 2 MHz e ottima reiezione dei segnali adiacenti dovrebbero essere i principali obiettivi di progetto.

Per ora concludo, spero di avere interessato qualche altro appassionato a tentare e a migliorare sicuramente quanto da me presentato. Intanto buon lavoro a tutti!

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