Antenna HF portatile quadribanda

Eccomi oggi a raccontare dell’ennesima antenna HF portatile .. la solita canna da pesca mutata in antenna. Invero in questo scritto non reclamerò alcunché di innovativo nell’antenna stessa, ma vorrei condividere alcune soluzioni progettuali e costruttive che possono tornare utili in applicazioni simili.

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Foto: picchetto.jpg

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Foto: martellone.jpg

Anzitutto la base: si tratta di un comune picchetto porta ombrellone come se ne trovano tanti ai supermercati. Ha un diametro interno di 35 ÷ 42 mm a seconda dei modelli, sufficiente ad alloggiare antenne di diversa sezione. E’ robusto ed economico e il piccolo manico laterale rende pratiche le operazioni di trasporto e rimozione. Funziona egregiamente ovviamente su terreni sabbiosi, ma anche su fondi più compatti, purché non prevalentemente rocciosi. In questo caso occorre cambiare approccio al problema. Per agevolarne il montaggio sui terreni più compatti, un martello si rivela molto utile. Per contenere il peso da trasportare ho utilizzato un “martellone” di gomma, recupero del mio corredo da campeggio. E’ solido ed efficace sulla maggior parte dei fondi, senza pesare od ingombrare troppo.

Passiamo ora all’antenna vera e propria.

La base è una vecchia canna da pesca, “pre-tecnologica” e quindi ancora realizzata con materiali naturali con la parte inferiore rivestita di sughero per una migliore presa. E’ composta da 4 sezioni smontabili per una lunghezza complessiva di 4,84 m.

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Foto: manico.jpg

Per garantire il collegamento dell’antenna col piano di massa rappresentato dal terreno su cui è installata, gli ultimi 18 cm circa sono stati rivestiti prima con carta di spagna da 5/100 ben tesa e “cucita” con un filo di saldatura a stagno, poi ricoperta con nastro in rame (codice RS: 264-9275). Questa soluzione si è rivelata molto solida e conveniente.

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Foto: connettori.jpg

Subito sopra questa zona ho fissato, tramite due viti autofilettanti di 4.2 mm, una placchetta d’ottone opportunamente sagomata che alloggia il connettore UHF femmina per il cavo ed un comodo morsetto per gli eventuali radiali di massa. La placchetta è anche collegata tramite un breve pezzo di filo con il primo strato di carta di spagna, che come detto sopra, assicura la messa a terra dell’antenna tramite il picchetto di sostegno.

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File:antenna no coil, no radial, smith.jpg

L’antenna “sic et simpliciter” è per sua naturale dimensione quasi un radiatore in λ/4 per la banda dei 20m, mentre per le altre richiede un circuito di adattamento e risonanza. Questo è mostrato con grande chiarezza dalla misura vettoriale dell’impedenza al punto di alimentazione da 300 kHz a 30 Mhz. A 14.200 kHz l’antenna si comporta come un carico puramente resistivo (risonanza) di 77 Ohm. Per frequenze più alte l’antenna diventa induttiva (quadrante superiore della carta di Smith) e la parte resistiva aumenta di valore. La seconda intersezione tra la curva dell’impedenza (verde) e l’asse reale è a circa 28 Mhz, valore della seconda armonica sulla quale l’antenna risuona ma con un’impedenza molto elevata essendo in questo caso un radiatore a λ/2. A frequenze inferiori a quella di risonanza, l’antenna diventa invece capacitiva e con una parte resistiva prossima a 50 Ohm per un ampio arco di frequenze. Alle frequenze più basse dello spettro analizzato, l’impedenza diventa molto reattiva e di modulo sempre più piccolo.

Vista la fase bassa del ciclo solare, ho deciso di operare in prima istanza con questa antenna nelle bande più basse, dagli 80 ai 20 m appunto. Questa scelta rende anche più semplice lo studio e la realizzazione del circuito di adattamento, giacché per tutte le bande volute si tratta di introdurre una opportuna induttanza serie per compensare la parte capacitiva sopra misurata.

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file: tabella ARRL.jpg

Utilizzando le tabelle riportate in vari HAM handbook dell’ARRL, vediamo come si possa eseguire un primo dimensionamento del circuito, senza far ricorso a costosi strumenti.

Noti i limiti di ogni banda, si calcola il relativo punto medio ove far risuonare l’antenna. Paragonando la lunghezza dell’antenna col quarto d’onda reale, si trova la percentuale di accorciamento del radiatore. Utilizzando poi le tabelle riportate in letteratura, si individua il valore di reattanza induttiva da porre in serie e da questo si calcola la bobina. Nella tabella seguente, il riassunto di questi passaggi.

Banda

Fmin [kHz]

Fmax [kHz]

Centro banda [kHz]

λ centro banda [m]

% radiatore su λ/4

XL di compensazione [Ω]

Induttanza di compensazione [μH]

20 m

14000

14350

14175

21,16

87

120

1,3

30 m

10100

10150

10125

29,63

62

350

6

40 m

7000

70100

7050

42,55

43

650

15

80 m

3500

3800

3650

82,19

22

1400

61

Un metodo alternativo, senz’altro più preciso ma più costoso, è misurare modulo e fase dell’impedenza del radiatore alle frequenze volute e da questa dimensionare l’accordo.

I primi 47 cm del manico, quelli ricoperti in sughero, hanno un’anima interna d’alluminio e quindi non sono idonei come supporto per eventuali bobine di accordo.

Ecco allora subito sopra la parte in sughero, la consueta bobina di carico, realizzata in filo di rame smaltato da 10/10. Le spire in totale sono 116 su un diametro interno di 26 mm; per un totale di circa 10 m di filo. Le prese sono realizzate come segue:

Banda

Presa

80 m

Tutta la bobina, 116 spire

40m

Presa a 42 spire

30m

Presa a 14 spire

20m

Presa ad inizio bobina

A fianco della bobina ho montato su un supporto plastico (ex profilo guida schede da rack), 4 boccole da 2mm, dorate, per consentire il collegamento della parte radiante a diversi punti dell’induttanza.

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Foto:bobina.JPG

Lungo gli elementi superiori della canna viene fatto scorrere un filo da 0,50mm2, supportato dai preesistenti anelli per la bava da pesce. Il filo si connette alla bobina di alimentazione tramite una piccola banana da 2mm, nella presa corrispondente alla banda che si vuole utilizzare.

A fine lavoro, tutto il gruppo manico+bobina è stato fissato ed impermeabilizzato con vernice impregnante tipo RS 199-1480, mentre il resto dell’antenna è stato generosamente spruzzato con lacca protettiva per circuiti stampati. Questi accorgimenti garantiscono una buona stabilità meccanica della bobina e una adeguata protezione della canna e delle parti elettriche esposte in caso di intemperie.

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Foto: test in MBM.JPG

Vale la pena spendere due parole sui radiali. Come noto la bontà (conducibilità) del piano di massa ha una rilevante influenza sull’efficienza delle antenne verticali. Dalla mia esperienza, se la si utilizza su terreni umidi e buoni conduttori (torbosi e ben irrigati oppure sul bagnasciuga di una spiaggia) si possono omettere i radiali. Se pensiamo di utilizzarla in montagna, su un terreno prevalentemente roccioso e secco, ecco che almeno un radiale per banda aiuta molto.

Nel mio caso ho costruito 4 radiali, uno per banda con cavo elettrico da 1,5mm2 (avevo quello in casa!) delle seguenti lunghezze:

Banda

Lunghezza [m]

80m

19,88

40m

10,29

30m

7,14

20m

5,11

Dopo una prima fase di progetto a calcolo, per la messa a punto finale del complesso radiante mi sono avvalso degli strumenti dell’azienda dove lavoro e della complice cortesia del mio capo.

Ecco dunque le misure eseguite sull’antenna finita ed installata nel giardino dietro al laboratorio, con il set completo di 4 radiali collegato:


Antenna HF_html_79366c41Return loss, banda 80 m

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Return loss, banda 40m

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Return loss, banda 30m

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Return loss, banda 20m e punti VSWR 2:1

Commenti alle misure:

Tutte le misure indicano come l’antenna risuoni in prossimità delle bande di utilizzo previste, con larghezza di banda più che accettabili e minime risonanze spurie. Indicando con F1 e F2 le frequenze a -10dB di return loss (pari a 2:1 di VSWR), possiamo riassumere i risultati come segue:

Banda

F1 [kHz]

F2 [kHz]

Banda [kHz]

80 m

3437

3550

113

40 m

6885

7130

245

30 m

9780

10050

270

20 m

13540

14870

1330

Con un minimo di pazienza è possibile centrare meglio le “fette” di banda utile dell’antenna su quelle di più frequente utilizzo. Il discorso vale prevalentemente per gli 80m, dove i 113 kHz misurati sono insufficienti a coprire i 300 kHz assegnati al nostro servizio. Per le tre bande superiori, invece, il problema diventa minimo e solamente di sottile ottimizzazione. In generale penso che l’antenna sia ben dimensionata e possa garantire prestazioni sufficienti e soddisfazioni in molti campi d’impiego, dal CW ai modi digitali, alla fonia.

Ma sul campo?

Anche dopo tante misure positive, è il campo il vero giudice di ogni antenna. Impiegata tutta un’estate sui monti e sulle spiagge posso condensare qui le mie impressioni:

Portabilità e robustezza: soddisfacenti, tutta smontata si riduce ad un pacchetto di soli 140 cm di lunghezza; è leggera quanto basta da non appesantire le spalle nelle escursioni in quota e da non rovinarsi sotto un temporale o raffiche forti di vento.

Montabilità: ottima, in pochi minuti si è “on-air” ed in altrettanti pochi si è pronti ad abbandonare la postazione… magari per l’arrivo di un improvviso temporale montano…

Efficienza: qui bisogna fare dei distinguo e delle precisazioni. Tutta la mia attività è stata fatta con l’ausilio di uno Yaesu FT-817 e quindi al massimo 5W. Le prestazioni migliori si ottengono ovviamente in 20m, con ascolti piacevoli anche da JA ed oltre. Certo collegarli in fonia con 5W è un altro discorso. Meglio il CW a quel punto. Sulle bande più basse, il mio utilizzo prettamente diurno mi ha regalato una quantità di paesi europei e poco più. Apparentemente l’antenna pare offrire maggiori soddisfazioni in 80m rispetto ai 40. Questo si spiega a causa dell’elevato livello di affollamento e QRM tipico dei 40m diurni. Farsi ascoltare con 5W in mezzo a tanta confusione è veramente dura. A questo punto, una banda un po’ più chiusa ma anche più “silenziosa” quale gli 80m, può offrire qualche chance di successo in più per collegamenti sulla breve-media distanza.

Nonostante l’utilizzo di un radiale per banda, il suolo su cui è installata l’antenna può fare la differenza. Meglio comunque le rocce a 2000m che la golena umida del Po.. 🙂

Bene, credo di aver raccontato tutto a proposito di questa mia realizzazione e spero di aver condiviso spunti e soluzioni utili ad altri appassionati sperimentatori.

Buon lavoro dunque….

Bibliografia

AA.VV: The ARRL antenna book, ARRL, 1984

Mario Pezzi: Elettrotecnica generale, Zanichelli, 1980

Antenna portatile HF quadribanda – Pierluigi Poggi – 17 settembre 2006

By iw4blg

Pierluigi Poggi since his childhood has been attracted from technical stuffs and gears, being a very curious guy. He built his first Xtal radio when he was just 9. Today, we would call him “maker”. When he turned to 21 became radio amateur, with call sign iw4blg. Since then, he developed many radio gears and felt in love with space communication, becoming an EMErs and a satellite enthusiast. His great passion led him to experiment a lot on the higher bands, up to pioneering several THz (lightwaves) QSOs on the early ’90. Beside to this passion to the radio communication and modern technologies, he like to study, experiment, understand-why, then, write and share, or better, spread the knowledge. This fact led him to became a well renowned contributor of electronics magazines with more than 95 articles published and author of 14 science books.

2 thoughts on “Antenna HF SOTA RKE06.2007”
  1. Muy interesante, especialmente la bobina, tendrás el diagrama de la antena?, me gustaría construir una.
    Gracias, 73!!!

    1. Ciao Omar,
      grazie per il commento. L’antenna è molto semplice, la bobina è in serie al filo verticale sorretto dalla canna. E’ di fatto una comune ground plane caricata alla base. PEr ogni dubbio, scrivimi pure.
      Thanks for the feedback. The antenna is very easy. The coil is in series with the vertical wire, just that. You feed the antenna choosing the right tap on the coil. In fact it’s just a regular base loaded ground plane. For any doubt, just write me.

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