Generatore di rumore a gas EF12.2004

Strumenti che scompaiono: i generatori di rumore a gas

Col passare degli anni e coll’avanzare dello sviluppo tecnologico anche l’aspetto dei nostri laboratori muta. Strumenti una volta preziosi e di quotidiano utilizzo, sono ora relegati in alto sugli scaffali, nell’attesa del macero, rimpiazzati da versioni ben più moderne e performanti.

Tra tutti gli esempi possibili, vorrei oggi parlarvi dei Gas Noise Generator o generatori di rumore a gas.

Il motivo non è una semplice simpatia personale, quanto il valore didattico di detti dispositivi, la loro continuata utilità, e non ultima, l’economicissima disponibilità sul mercato giacché “surplus”.

Prima di addentrarci nella materia specifica, credo possa essere utile riprendere alcuni concetti fondamentali inerenti alla generazione e all’impiego del rumore elettrico.

Già, perché dopo che si passa una vita a studiare e desiderare front-end a basso rumore, amplificatori audio “silenziosi” e simili, può venire del tutto spontaneo domandarsi che senso ha produrne!

Vediamo ora un breve elenco, del tutto esemplificativo, d’alcune applicazioni utili del rumore:

  • misura della cifra di rumore NF (sensibilità di un ricevitore)

  • valutazione di guadagno e banda passante di un quadripolo

  • valutazione della suscettibilità ad interferenze esterne di un dispositivo

  • jamming (disturbo/presidio di una frequenza/canale di trasmissione)

  • auto test di un sistema

Detto questo sono già intuibili le mille e più applicazioni utili che si possono ottenere generando e misurando rumore, che in questa situazione, da nemico diventa prezioso alleato del progettista e tecnico di laboratorio.

Data la varietà d’applicazioni possibili e l’ampiezza dello spettro radio molte sono state le soluzioni tecnologiche realizzate. Vediamo un po’ l’albero della grande famiglia delle sorgenti di rumore.

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Introdotta questa classificazione delle varie sorgenti di rumore, proviamo a addentrarci in quelle “termiche”.

Per sorgente “termica”, si indica quella sorgente che genera rumore a causa della propria temperatura fisica. L’esempio più classico è la resistenza.

Il fisico Boltzman, modellò matematicamente la relazione fra parametri fisici e rumore prodotto, secondo la ben nota legge: N T * B

La potenza di rumore è direttamente proporzionale alla temperatura della resistenza ed all’ampiezza della banda considerata.

Sorgenti termiche realizzate ponendo una resistenza nota e stabile al caldo o a freddo sono tuttora usate come “calibratori” da laboratorio, data la loro elevata prevedibilità di comportamento.

Fra le sorgenti di questa famiglia, ce n’è una un po’ singolare: i tubi a scarica nel gas. Di questi tratteremo oggi, come “reperto d’archeologia tecnologica”.

Il fenomeno è comune a tutti i tubi a gas a scarica, pure i neon delle nostre case: quando sono accesi generano rumore a radiofrequenza.

Ma i neon sono popolarmente detti “luce fredda”, come possono dunque produrre rumore per effetto termico? La domanda non è peregrina e confesso è sorta anche nella mente dello scrivente..

La spiegazione ovviamente esiste, ma.. nei trattati di fisica. Essendo lungi da me offrire spiegazioni al di sopra delle mie cognizioni, dopo lunga ricerca bibliografica, la miglior spiegazione “amatoriale” la riporta al solito il Kraus, che testualmente recita: “il plasma ionizzato entro il tubo a scarica si comporta come una resistenza posta alla stessa temperatura fisica”. Ipse dixit!

Accettiamo quindi il punto e cerchiamo di spendercelo a nostro vantaggio…

Ritorniamo quindi alla nostra lampada domestica: dunque con un qualunque neon, possiamo costruirci una sorgente di rumore?

Beh, in prima approssimazione la risposta è affermativa.

Vediamo però quali aspetti differenziano una soluzione sperimentale da un vero prodotto dedicato:

  • Tubo: poiché l’output primario è un segnale radio e non luce o calore, si ottimizza la struttura del tubo per questo obiettivo

  • Connessione: occorre dotare la sorgente di un connettore idoneo alla banda di lavoro e all’interfacciamento previsto.

  • Schermatura: occorre evitare che la sorgente “inquini” ovunque colla emissione del suo segnale, che va invece convogliato esclusivamente verso il carico

  • Adattamento d’impedenza: nella banda di lavoro prevista, la sorgente deve “far vedere” al carico (di solito un amplificatore / ricevitore) una sorgente ben adattata in ogni condizione operativa (acceso e spento).

  • Calibrazione: per un uso non solo qualitativo e quindi per fare misure, occorre conoscere esattamente la quantità di rumore generato, noto comunemente come ENR (excess Noise Ratio).

Prendendo spunto da due prodotti commerciali di alta classe, oggi reperibili a pochi Euro, vediamo come i punti sopra elencati sono stati approcciati.

I prodotti di riferimento sono l’Ailtech 8052, una sorgente di rumore da 15.5 dB di ENR da 8.2 a 12.2 GHz ed uscita in guida d’onda tipo WR90 e la Sanders che opera nel range 18-32 GHz.

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I due prodotti analizzati utilizzano tubi a gas commerciali: della c.p.Clare (sorgente Sanders)

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o della Signalite (sorgente Ailtech).

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Si può notare dai data code impressi sui bulbi, che si tratta di materiale prodotto a fine anni ’70.

I tubi a scarica sono di solito riempiti di Argon ed utilizzabili a partire già da circa 100 MHz anche se commercialmente l’impiego fu relegato oltre il GHz, per via della concorrenza dei più “maneggevoli diodi saturi” quali il popolare 5722.

La temperatura di rumore di questi tubi è abbastanza indipendente dalla temperatura ambiente e prossima ai 10000°K.

Come si vede nelle fotografie e poi schematizzato in figura, il cuore della sorgente è un tubo a gas che trapassa le facce più larghe della guida d’onda.

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L’angolo formato fra l’asse della guida e quello del tubo a gas incide sia sull’efficienza sia sull’adattamento. La letteratura è scarna su questo argomento e visto gli anni in cui si svilupparono questi apparecchi ipotizzo che il tutto fosse basato principalmente su prove sperimentali (cut & try) e sulle esperienze precedenti. Osservando varie soluzioni commerciali, tutte sono costruite attorno ad un angolo di circa 7°-12°, che evidentemente, era risultato il miglior compromesso.

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Nota: dal datasheet Philips del tubo K50A

La sorgente, così come disegnata, ha due uscite, e questo è sicuramente un problema. Vediamo il perché…

  • Anzitutto metà del segnale generato anziché essere convogliato verso il dispositivo in prova, è “perso” nello spazio, con una significativa perdita di efficienza.

  • In seconda istanza, “guardando” dalla porta del dispositivo in prova, sì “vede” la guida, la sorgente, e sullo sfondo il “mondo” esterno… quindi l’adattamento dipende dall’ambiente circostante il generatore.

  • Come ultima pecca, il sistema, proprio per il fatto di avere una “porta aperta”, è scarsamente immune ai disturbi, e quindi il segnale che raggiunge il dispositivo in prova è la somma del rumore generato e dei segnali raccolti dall’estremità aperta.

Beh, non c’è di che stare soddisfatti in questa situazione, quindi…. Ecco la soluzione, o meglio le soluzioni.

Esistono, infatti, due differenti approcci per risolvere i problemi prima enunciati..

Soluzione uno: la porta non usata è “messa in corto circuito” ad una distanza “opportuna” dalla sorgente. Il vantaggio di questa soluzione sta sia nell’isolare il generatore dal mondo esterno, sia di convogliare tutta l’energia prodotta dal tubo a scarica verso il carico. Già, perché quella distanza, semplicisticamente prima definita come “opportuna”, è invece accuratamente calcolata per far sì che il fondo della guida rappresenti “uno specchio” e rifletta con fase idonea l’onda incidente. Il rovescio della medaglia, già si intuisce.. il “giochetto” funziona su una banda non troppo larga…Le sorgenti analizzate appartengono a questa categoria.

La Sanders è una soluzione modulare: Dispone, infatti, di un tubo che copre la gamma da 18 a 32 GHz (rapporto 1.78:1) ed una “chiusura” che ne limita la banda da 18 a 20.8 GHz (nel modello in mio possesso). In questa realizzazione è prevista una facile sostituzione della terminazione per coprire a “fettine” tutta la banda utile del tubo.

L’Ailtech, invece, è una soluzione monolitica e non dispone di questa possibilità. Limita la sua banda ad un dato dichiarato di 8-12 GHz

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Soluzione due: la porta non usata è terminata su un carico idoneo. Rispetto alla soluzione precedente, garantisce lo stesso livello di isolamento dal mondo esterno, ma perde un poco in efficienza, perché il segnale generato dal tubo e che si dirige verso il carico è dissipato anziché essere riflesso verso l’uscita. Per contro, questa soluzione garantisce una banda passante utile più estesa, proprio per il fatto di essere “aperiodica” (guida d’onda a parte). Appartiene ad esempio a questa famiglia la sorgente HP 347A e le relative terminazioni HP 910 & 914.

La “doppia uscita”, vista fin qui come un limite, può essere invece sfruttata a nostro vantaggio nei casi dove si vogliano fare misure / verifiche senza ad esempio disconnettere l’antenna dal ricevitore. Questo è particolarmente utile in situazioni stabili e remote ovvero quando il dispositivo di verifica è di fatto integrato nella struttura ricevente.

Un esempio di questa configurazione è riportata ad esempio sul manuale del HP 342A:

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Un ulteriore miglioramento delle prestazioni generali si può ottenere mettendo un circolatore in serie all’uscita della sorgente. Questo dispositivo di fatto isola generatore e carico coi seguenti vantaggi:

  • la sorgente (tubo) “vede” un carico sempre adattato e costante, quindi le proprie prestazioni si stabilizzano.

  • Il carico vede sempre una sorgente adattata, in on come in off, permette quindi ottimizzazioni ripetibili e riduce gli errori di misura dovuti a mismatching.

Questa accortezza, è valida non solo per le sorgenti a gas, ma più in generale per tutti i generatori di segnale.

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Circolatore abbinato alla sorgente Sanders

Per completezza d’esposizione, vale la pena, citare anche un’ulteriore configurazione di montaggio che permette l’uscita del segnale su connettore coassiale anziché in guida d’onda come quelle fin qui illustrate. E’ il caso ad esempio della HP349.

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Qui il tubo è accoppiato non più ad una guida d’onda, ma ad un link (elica, helix) che preleva il segnale dal tubo e lo rende disponibile sui connettori d’uscita. In questo caso la porta non usata è terminata. Questa configurazione permetteva un funzionamento da qualche centinaio di MHz fino a qualche GHz, frequenze alle quali una guida d’onda sarebbe risultata eccessivamente ingombrate o addirittura impraticabile.

Di seguito riporto un estratto delle specifiche funzionali di detta sorgente, così come riportate su documentazione del costruttore.

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Ora che abbiamo visto di quali parti è composta, vediamone più da vicino il funzionamento, che per inciso è anche abbastanza spettacolare.

Il tubo a gas è alimentato da un generatore di alta tensione, similmente a quanto accade ai neon di casa nostra. Gli impulsi sono di circa 5kV.

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La “quantità” di rumore generato è proporzionale alla corrente di scarica. Per questo, molti strumenti sono dotati di regolazione e misurazione di detta corrente, così come alcune sorgenti sono caratterizzate come ENR in funzione della stessa. (vedi tabella d’esempio, dal Manuale HP 342A).

A puro titolo di esempio, riporto lo schema di collegamento suggerito da Philips per il suo tubo K50A e lo schema elettrico dell’unità di alimentazione per tubi a gas interna allo Ailtech 75.

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Il circuito è molto classico e ricorda vagamente le prime accensioni elettroniche delle auto.

Vediamo in sintesi come funziona: a riposo, il condensatore C701 si carica a +300V, quando arriva il trigger allo SCR il condensatore si scarica violentemente sul primario di T701 provocando un picco di alta tensione sul secondario, poi trasmesso tramite CR702 al tubo a gas. Esaurita la scarica del condensatore, la corrente ovviamente si azzera e questo spegne lo SCR e predispone il circuito per un altro ciclo. La frequenza massima di innesco è limitata dalla costante di tempo data da R701 e C701.

Esistono sul mercato del surplus, “accessori” che consentono di pilotare questi generatori, tramite il comando a bassa tensione (28V) dei più moderni misuratori automatici di cifra di rumore.

Bene, una volta innescato il tubo, questo comincia ad emettere energia radio a banda larga. Sotto forma di rumore nel campo delle radioonde, di calore (emissione infrarossa) e di luce, producendo un chiarore molto suggestivo.

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E’ possibile modulare l’alimentatore prima presentato per ottenere un funzionamento di tipo ON-OFF veloce (100 – 1000 Hz) molto usato nei misuratori automatici di cifra di rumore.

Una critica sovente mossa a questi generatori, riguarda la presenza di “spikes” sull’uscita, che potrebbero danneggiare dispositivi particolarmente sensibili connessi alla sorgente. Questo è dovuto agli impulsi ad alta tensione che innescano il tubo e che possono propagarsi nella guida, raggiungendo l’uscita. E’ buona cura quindi, quando si usa queste sorgenti con dispositivi moderni e “delicati”, di interporre un buon tratto di guida d’onda fra sorgente e carico (che in questo caso funziona da filtro passa alto) e magari un attenuatore che migliora anche l’adattamento e riduce l’ENR a valori più indicati per misure di precisione.

Una caratteristica che invece costituì elemento di successo di queste sorgenti, è il fatto di poter essere poste “remote” rispetto al dispositivo di comando / alimentazione. Questo permette di avere la strumentazione “al caldo in laboratorio” e la sorgente (col suo alimentatore ad alta tensione) sul front-end, magari in cima ad un traliccio. E’ comune trovare “kit di separazione” di 1000’ (o 305 m che dir si voglia).

Bon, anche per questa volta siamo arrivati al termine…

Spero di aver fatto un po’ di luce su questi begli esemplari di generatori, ineluttabilmente destinati all’oblio.

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