Wattmetro Marconi TF2501 – RKE

Wattmetro Marconi Instrument RF TF2501

Un misuratore di potenza diverso dal solito

 

Introduzione

Il wattmetro è lo strumento d’elezione nelle mani del radiotecnico ogni volta si trovi nella situazione di dover misurare una potenza RF variabile dalle frazioni di watt ai kilowatt. Sostanzialmente possono essere catalogati secondo due caratteristiche principali:

  • passante/non passante (cioè che integra o meno il carico)

  • misuratore di picco o valore efficace (adatto o meno a modulazioni “complesse”)

Il wattmetro Marconi Instrument TF2501

Il wattmetro che vedremo in analisi oggi per alcune sue peculiarità era costruito dalla Marconi Instrument nei primi anni ‘70 e racchiude in sé alcune soluzioni decisamente interessanti. ​​ Infatti include il carico di terminazione facilmente intercambiabile e un doppio metodo di misurazione della potenza a radiofrequenza. Di base copre il campo di frequenza dalla continua a 1GHz e offre un fondo scala selezionabile fra 1 e 3W.

L’aspetto

Il misuratore si presenta compatto e adatto all’impiego sia in laboratorio sia sul campo. Sul fianco destro troviamo il connettore N femmina per l’ingresso di potenza mentre su quello sinistro vi è il il carico ampiamente alettato. Credo sia interessante notare come, anche se la terminazione è collegata alla linea di misura tramite un comune connettore N, questo non permette l’utilizzo dello strumento come ​​ wattmetro passante lungo una linea, dato che, come vedremo nel prossimo capitolo, per motivi di adattamento la stessa non è di 50 Ohm.

Sul frontale sono posti due indicatori e tre manopole come sotto raffigurato.


Illustrazione 1: Disposizione dei comandi ed indicatori sul fronte dello strumento

Lo strumento di più ampie dimensioni che occupa circa metà dello spazio sul frontale è quello principale ed indica la vera potenza efficace incidente sul carico. Le sue due scale da 1 e 3W sono selezionabili tramite il commutatore posto in basso a destra.

In alto a destra è collocato un secondo e più piccolo indicatore a lancetta, abbinato a un rivelatore a diodo, capace quindi di una risposta veloce e “di picco” e la cui sensibilità è determinata dalle posizioni delle regolazioni sottostanti (potenziometro e “insert probe”). Il segnale rivelato è anche disponibile tramite la presa in basso a sinistra, marcata “MOD OUT”.

Il circuito

Il circuito si divide in due parti: l’una installata a bordo della linea di misura (detector unit, TM8723/1), l’altra sul pannello frontale (monitor, TM8722/1).


Illustrazione 2: Schema della parte di misura del wattmetro. Fonte: manuale Marconi Instrument

La parte installata nella linea coassiale di misura è probabilmente la più interessante. La potenza efficace viene misurata per via dei suoi effetti termici: la corrente a radiofrequenza, scorrendo nell’elemento R5 da 9 Ohm, ne genera un riscaldamento che viene misurato in modo differenziale rispetto all’ambiente circostante dalle quattro termocoppie marcate cold1, cold2, hot1 e hot2. I condensatori passanti C2, C3, C4, C5 servono a evitare che parte della radiofrequenza esca dalla linea di misura tramite i reofori di collegamento delle termocoppie.

Questo metodo di misura è generalmente molto preciso e permette di effettuare misure accurate senza curarsi di conoscere le caratteristiche del segnale: sia esso una sinusoide pura o un rumore a larga banda, il suo contenuto di energia sarà sempre letto correttamente.


Illustrazione 3: Dettaglio della terminazione: interessante come sia marcata 50Ohm pur essendo da 42Ohm

L’effetto “collaterale” della resistenza R5 è quello di essere in serie al carico di potenza (R4 nello schema) che quindi, per presentare una resistenza complessiva ​​ di 51Ohm non potrà essere “standard”, ma avere il valore “particolare” di 42Ohm.

Se è giusto ricordare che la misura di potenza con resistenza e termocoppia, condivisa con microwattmetri e bolometri, ha significativi aspetti a suo favore, occorre anche ricordare come la stessa abbia un limite importante nel tempo di risposta che può mascherare facilmente fenomeni rapidi o impulsivi.


Illustrazione 4: Schema della sezione di controllo e indicazione del wattmetro. Fonte: manuale Marconi Instrument

Per superare questo vincolo e rendere lo strumento più flessibile, i progettisti della Marconi Instrument hanno pensato di introdurre un secondo misuratore, più veloce. Detto dispositivo è realizzato tramite un prelievo capacitivo variabile della tensione lungo la linea di misura, che viene poi raddrizzata dal diodo MR1.


Illustrazione 5: Dettaglio dei due trimmer per calibrare il fondo scala dello strumento principale nelle due portate

Sul pannello frontale trovano posto invece tutti quei dispositivi atti a permettere le letture delle misure effettuate dagli elementi appena descritti.

In particolare troviamo il selettore per le due portate (SA), le relative resistenze serie per i microamperometri (R1, R2, R3, R6, RV1 e RV2) ed un potenziometro (RV3) per alterare secondo convenienza il fondo scala del misuratore a diodo.

L’utilizzo

L’impiego dello strumento è quantomai semplice ed istintivo. La “best practice” ci suggerisce di procedere come segue:

  • selezionare la massima portata (3W)

  • ruotare in senso completamente antiorario la manopola “sensibilità” del misuratore a diodo

  • applicare la sorgente da misurare

  • effettuare la misura sull’indicatore di maggiori dimensioni. Nel caso la lettura fosse inferiore ad un terzo della scala, si può selezionare la portata inferiore (1W) per ridurre l’errore di lettura.

Fin qua tutto molto facile e consueto.

Se si sta impiegando lo strumento per la messa a punto di uno stadio di trasmissione, può essere utile impiegare anche il misuratore a diodo in modo da avere un rapido riscontro delle azioni di taratura in corso.

In tal caso occorre procedere come segue:

  • ruotare la sensibilità dell’indicatore a diodo fino ad avere una lettura circa a metà scala. Se questa non è ottenibile, ruotare un poco l’insert probe fino ad ottenere il risultato desiderato

  • eseguire le messe a punto previste e massimizzare la lettura sullo strumento più piccolo, nel caso riducendone la sensibilità con l’apposito potenziometro

  • una volta raggiunto il risultato desiderato, riportare nel caso il comando insert probe nella sua posizione naturale (tutto antiorario) ed eseguire la misura sullo strumento a termocoppie.

Altra interessante possibilità offerta da questo strumento è la misurazione della profondità di modulazione di un segnale AM o assimilabile. Vediamo come procedere:

  • applicare il segnale da misurare al wattmetro, avendo cura di porre la modulazione a zero

  • ripetere la misura con la modulazione inserita

  • calcolare l’indice di modulazione con la formula approssimata:

m=2(PmPc)Pc100 m= sqrt{2{(P rsub m - P rsub c)} over {P rsub c} } * 100

dove:

Pm = potenza con modulazione

Pc = potenza senza modulazione

m = indice di modulazione percentuale

Conclusioni

Questo strumento, anche se non recentissimo, ha ancora grande valore e precisione. La doppia metodica di misura della potenza è molto utile e ne espande enormemente il campo di applicazione. Gli usi oggi più facilmente prevedibili sono in abbinamento a trasmettitori QRP dalle HF ​​ a salire (in CW e SSB si possono leggere i valori di picco di potenza) e ai nuovi trasmettitori ATV con modulazione digitale (DVB-S o DVB-T) che hanno modulazioni tali da creare inviluppi complessi. Buone misure a tutti!

Bibliografia

TF2501 R.F. Power Meter Instruction manual 9/74/B Marconi Instrument

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